Pippo Baudo, Mike Bongiorno, Corrado, Enzo Tortora: 'Sabato sera', 1967
Pippo Baudo, Mike Bongiorno, Corrado, Enzo Tortora:  'Sabato sera', 1967
Pippo Baudo, Mike Bongiorno, Corrado, Enzo Tortora: ‘Sabato sera’, 1967

Lo confesso, sono un inguaribile nostalgico del bianco e nero, e non solo perchè sono juventino. Amo la televisione della mia infanzia, per intenderci quella degli anni ’70, e invidio chi ha avuto la fortuna di vedere in diretta tv l’allunaggio, Italia-Germania 4-3, gli spettacoli con Delia Scala, gli sceneggiati girati da Anton Giulio Majano o gli show diretti da Antonello Falqui, ma anche lo storico duetto Mina-Battisti, Walter Chiari, Alberto Lupo e così via. Avevo poco più di sei anni quando guardai, imitandone le movenze, Rino Gaetano e la sua esibizione sanremese, in quel 1978 dove di lì a poco lo strazio di via Fani sarebbe stato mascherato da un tristissimo bianco e nero. Da lì in poi, tra il ‘Se sbalio mi corrigerete‘ di Papa Woytyla e l’11 settembre, la televisione ha continuato a raccontarci la storia di ogni giorno, e lo ha fatto anche attraverso lo spettacolo leggero, il cosiddetto varietà, di cui in molti hanno proclamato pomposamente la fine. Invece, immarcescibile, l’intrattenimento resiste. E i rimandi al passato sono infiniti, tant’è che la tv di oggi, invasa da un esercito di format, inventa ormai poco o nulla. Tocca allora rifugiarsi nei ricordi, quelli che d’estate sono garantiti da Techetechetè, nome originalissimo per contenuti che proprio originali non sono, ma il cui rimpasto intelligente offre ogni volta spunti di novità.

Il programma di Raiuno, in onda dal 2012, offre un collage di videoframmenti che comprendono sketch, monologhi, canzoni e chi più ne ha più ne metta, pescati nell’immensità degli archivi Rai. Nell’edizione del 2015, che ha come sottotitolo “Con tutti i sentimenti” e che sta raccogliendo in media 3.588.000 spettatori con uno share del 18,71%, ogni puntata vede la presenza di un personaggio televisivo sempre diverso, di ieri o di oggi, da Claudio Lippi a Maria Giovanna Elmi, passando per Pippo Baudo e Gigi Proietti, che introduce il tema della puntata declamando un testo di Pasquale Panella, e svela l’ospite d’onore di ogni puntata, una vecchia gloria della televisione che fu. Chicca finale, la sigla, una hit del passato ”techetechizzata’, ossia cantata con il nome della trasmissione, da Marco Armani.

Ho avuto il piacere di parlare di Techetecheté con Achille Corea, uno degli autori della trasmissione.

Come nasce una puntata di Techetechetè e perchè l’edizione di quest’anno si chiama “Con tutti i sentimenti“?  

Già da qualche anno ogni puntata di Techetechetè nasce dall’esplorazione di un tema specifico, un argomento che nel corso dei  decenni ricorre più volte negli sketch, nei monologhi, nelle canzoni e  nei numeri di varietà. (fanno eccezione le puntate del weekend, composte da tre piccole monografie dedicate a tre grandi personaggi  della tv). In quest’ultima edizione ogni puntata tocca tre temi,  collegati a volte per assonanza, a volte per opposizione. Una volta  scelti i temi, ogni autore seleziona gli spezzoni che ritiene più  adatti a rappresentare questi tre argomenti e li assembla in base al  suo gusto e al taglio che sceglie di dare. Su tutte le puntata aleggia  comunque lo spirito di Techetechetè, che quest’anno si chiama “Con  tutti i sentimenti” perché alla fine ogni argomento chiama in causa  passioni, ossessioni, stati d’animo e amori degli italiani di oggi e di ieri.

Il mitico duetto tra Mina e Lucio Battisti: 'Teatro 10', 1972
Il mitico duetto tra Mina e Lucio Battisti: ‘Teatro 10’, 1972

Nei mesi estivi si rimprovera spesso, alla Rai ma anche ad altri  network, di indugiare sulle troppe repliche. Ma poi il risultato di  ascolti di un programma come TecheTechetè sembra voler dimostrare il  contrario. Qual è secondo te il segreto di questo successo? 

Credo che sia perché il nostro programma non è semplicemente una replica di una cosa già vista: i pezzi di repertorio più famosi, quelli che il pubblico conosce a memoria, si fondono con filmati mai  più ritrasmessi dopo la prima messa in onda, e i mostri sacri  convivono con artisti meno conosciuti. In più la confezione del  programma cambia ogni anno, con essa cambia il modo di utilizzare il  materiale di repertorio. In particolare nelle ultime edizioni, sotto la guida di Michele Bovi, ogni anno è stata utilizzata una formula  diversa. Io credo che la gente a casa percepisca lo sforzo di offrire  sempre qualcosa di nuovo, pur lavorando sul vecchio.

Rispetto alle precedenti edizioni del programma, che privilegiavano  perlopiù gli anni ’60, quest’anno si ha l’impressione di una maggiore  presenza di spezzoni tratti da decenni più recenti. E’ una scelta  voluta o casuale?  

Non c’è una scelta a priori che porta a privilegiare un decennio  piuttosto che un altro. Ma, come dicevo prima, ogni anno si cerca di  far emergere dagli archivi Rai qualcosa di inedito e di meno visto, e  questo porta sicuramente ad esplorare alcuni programmi degli anni ’80, ’90 e 2000 meno utilizzati nelle edizioni precedenti.

I calembour linguistici di Panella offrono spunti  evocativi che esaltano il contenuto della trasmissione. E rendono  giustizia a un patrimonio collettivo che a volte forse sottovalutiamo,  perchè la televisione, a suo modo, nel bene e nel male, racconta la  nostra storia. E’ d’accordo? 

La cosa bella dei testi di Panella è che in un momento in cui la  televisione dà l’impressione di voler semplificare il linguaggio a  tutti i costi, lui è libero di giocare con le parole e con i  riferimenti in modo a volte spiazzante. Del resto Techetechetè è un  programma che mischia quotidianamente i linguaggi, potendo mettere in  fila nell’arco di pochi minuti uno sketch demenziale degli anni ’80,  una prova d’attore di Gassman o Carmelo Bene, l’esibizione di un  cantautore, un tormentone pop estivo. Io credo che il nostro sia un  programma che punta a intrattenere il pubblico mentre gli mostra cosa  è stata in tutti questi anni la tv italiana, che è stata tante cose, anche molto diverse tra loro.

Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi in
Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi in “Un, due tre”, in onda dal 1954 al 1959

Cosa salverebbe della tv leggera di oggi? Cosa potrebbe appartenere  al materiale buono per un’edizione di “Techetechetè” del 2045?

Per un programma come Techetechetè gli show più interessanti sono  sempre i varietà di prima serata, con i grandi ospiti italiani e  internazionali. Ma spesso esploriamo programmi che vanno in onda in  orari diversi, nei quali passano comici e personaggi magari meno  famosi ma molto interessanti. La mia opinione personale è che nella tv italiana di questo momento si senta la mancanza di quei programmi di  seconda serata più liberi di sperimentare e lanciare nomi nuovi. Quelli che nel corso degli anni ci hanno regalato le performance di  volti poi diventati di primo piano o di culto, per capirci i vari Corrado Guzzanti, Aldo Giovanni e Giacomo, Maurizio Crozza o Nino Frassica.

Gli archivi Rai sono una miniera per gli appassionati di televisione. C’è stata una scoperta particolare che ha fatto ‘frugando’ nelle  teche?  

Ce ne sono state diverse, ma quello che mi colpisce sempre è scoprire e riscoprire la mole mostruosa di ospiti di ogni genere passati per i  programmi Rai. Fa sempre un certo effetto imbattersi in Alberto Lupo che annuncia un’esibizione live di James Brown, o vedere un giovane Elton John ospite di Gino Bramieri.

Qualcuno pensa che Techetechetè sia ‘figlio’ di Blob. E’ così?

Credo che siano due prodotti completamente diversi. Techetechetè è  figlio di programmi come Supevarietà o Da Da Da. Non a caso a guidare Techetechetè c’è Elisabetta Barduagni, che firmava anche quelle  trasmissioni. Blob lavora sull’attualità, sui programmi del giorno,  Techetechetè sul grande repertorio del passato, sul ricercare i pezzi  più belli o comunque più significativi della tv di altri tempi e  trasmetterli adattandoli ai tempi e ai gusti della televisione di oggi.

Prima di essere un autore televisivo, lei nasce blogger. Il paradigma della  tv come ‘mezzo di comunicazione per anziani’ rispetto al Web  frequentato perlopiù dai giovani può essere sovvertito attraverso un  programma come Techetecheté? Perchè non avete previsto un maggiore  coinvolgimento delle giovani generazioni attraverso i social? L’account ufficiale Twitter della trasmissione è aggiornato al  2013…! 

La mia opinione è che i social funzionino maggiormente per i programmi  in diretta, che possono permettersi di interagire con le persone che  commentano, e per i grandi eventi. Nonostante questo Techetecheté ha  un buon seguito sui social, con account e pagine web nate  spontaneamente da parte dei fan, che ogni sera rilanciano commenti e  immagini della puntata. Sicuramente il programma potrebbe crescere in  quel senso, anche perché ogni sera ottiene l’attenzione di persone che  un certo tipo di televisione non hanno potuto vederla in diretta, che  spesso commentano stupite o addirittura spiazzate i pezzi di  repertorio che scegliamo di mandare in onda.

Fiorello in
Fiorello in “Stasera pago io” (dal 2001 al 2004)

Di Luigi Caputo

Idealista e visionario, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...