Esibizione imperdibile per il cantautore al Teatro Quirinetta di Roma

Entra in scena mestamente, così, con il volto appena mitigato dalle basse luci e il mento di poco inferiore all’altezza del microfono. Luci calde, blu notte, verdi fosforescenti, gialle canarino, bianche paradiso. Chitarra, basso, sintetizzatore e batteria si prendono il posto al centro della scena in prima battuta, rivelando una volta tanto la sua passione per i brani strumentali. Poi, quando la sua voce d’incanto si afferma decisa e composta, subiamo facilmente i sussulti divampanti del cuore e dell’anima.

SAMSUNG DIGITAL MOVIETorna a suonare a Roma così, il cantautore e musicista Umberto Maria Giardini, dopo l’esperienza al Blackout dello scorso aprile, continuando a collaborare con la sua band composta da Marco Maracas, Michele Zanni e Giulio Martinelli. Alternando felicemente brani (seppur rari) della fase Moltheni, ad altri dei dischi della nuova, convincente, matura e ancora più profonda fase a suo nome, il musicista marchigiano offre uno spettacolo coinvolgente, emozionante come sempre e discretamente musicato. Giardini riesce ad offrire vibrazioni inusuali nel panorama della musica italiana contemporanea. Riesce a farlo con disinvoltura incandescente, con una leggerezza mielosa che non cede mai il passo al gigionismo tipico di tanti musicisti italiani di oggi, riuscendo magnificamente a farci penetrare quel trasognato modo di scrivere, di poetare, raccolto, e noi rapiti, il canto di melodie rarefatte. La scaletta è egregiamente distribuita, da “La dieta dell’imperatrice” al fresco “Protestantesima”, passando per l’EP “Ognuno di noi è un po’ Anticristo”, alternando canzoni rock, a metà tra il progressive e la psichedelica, a ballad d’impronta dream-pop e dalle radici folk americane, in un coacervo di sonorità che giungono anche a sofisticatezze electro-ambient comparabili a quelle di alcuni dei cantautori e musicisti più promettenti: Mike Hadreas in arte Perfume Genius (californiano), Low Roar (californiano anche lui ma di origini islandesi), Anna Calvi ovviamente come dichiarato a più riprese dallo stesso Giardini. I crescendo musicali delineano la voglia di Giardini di scuotere, mentre l’intimismo lascia fluire la poesia degli attimi ed è lì che il concerto dona i minuti più veri e lampanti di flessuosi assoli, dati soprattutto da brani-emblema degli ultimi due LP.

SAMSUNG DIGITAL MOVIEProtestantesima” fa sì che il pubblico cominci a esplodere scaldando le mani, poi quando arriva la potente e ironica “Il vaso di Pandora”, che fa del sarcasmo sui musicisti italiani, nello specifico di Milano, e più in generale i radical chic che popolano le città principali di quest’Italia qua, allora si fa sul serio, mentre brani come “Anni luce” e “Quasi Nirvana” lasciano che dei brividi salgano sinuosamente lungo la spina dorsale, preparando il caldo pubblico della serata alla splendida maestosa bellezza di “Molteplici e riflessi”, uno dei picchi più alti che Giardini sia mai riuscito a toccare nell’ambito di questa travolgente avventura che è la musica. In mezzo a tanti bei titoli, che è anche inutile elencare, specie secondo ordine, l’evento si chiude con la distensiva “Pregando gli alberi in un ottobre da non dimenticare”, pezzo in chiusura al suo ultimo album. Giardini ci sta dicendo che, probabilmente, non c’è modo migliore per protestare che quello di parlare dell’amore vero.  

Di Federico Mattioni

Federico Mattioni, rapportando la vita e i sensi al cinema, sta tentando di costruire un impero del piacere per mezzo della fruizione e della diffusione delle immagini, delle parole, dei concetti. Adora il Cinema, la Musica e la Letteratura, a tal punto da decidere d'immergervi dentro anche l'anima, canalizzando l'energia da trasformare in fuoco, lo stesso ardere che profonde da tempo immemore nelle ammalianti entità femminili.