NoteVerticali.it_Woman-in-gold_Helen Mirren_Ryan Reynolds_1Che Simon Curtis ci sapesse fare in fatto di ritratti al femminile non è una novità. Se non fosse bastato il suo elogio alla diva delle dive in “Marilyn” (2011) per capirlo, “Woman in Gold” ce ne dà la conferma. Eppure, un ritratto ben fatto non nasce solo dal merito del pennello che l’ha creato, ma senza dubbio dalla bellezza del soggetto. Quando questo è Helen Mirren, c’è poco da scostare lo sguardo.

Maria Altmann è un’anziana raffinata signora ebrea che vive in California. La sua storia però non si origina sotto il cocente sole del sud. In realtà Maria è nata a Vienna, ma è stata costretta alla fuga dalle persecuzioni naziste. A sessant’anni da quell’evento, la donna decide di compiere un viaggio inverso, desiderosa di riappropriarsi di alcuni beni che furono strappati via alla sua famiglia. Il tentativo di ricongiungimento con l’oggetto più prezioso, il celebre dipinto “Ritratto di Adele Bloch-Bauer” di Gustav Klimt, si presenta difficile fin dall’inizio. Ciò che per Maria è la raffigurazione dell’amata Zia Adele, è per il governo austriaco uno dei più grandi esempi del patrimonio culturale della Nazione. Con l’aiuto del giovane avvocato Randy Schoenberg, la cui stessa famiglia ha origini austriache, Maria intraprende un primo viaggio a Vienna. Le memorie della sua infanzia felice, la famiglia allargata, l’amore per la zia Adele, riaffiorano inevitabilmente, per poi lasciare il posto ai dolorosi ricordi della persecuzione. Maria si rivede giovane, piena di vita dopo il matrimonio e subito costretta alla fuga e all’abbandono del bene più caro, la famiglia. Dopo una prima sconfitta Maria e Randy, che nel frattempo lascia il suo lavoro per dedicarsi completamente alla causa, tornano negli Stati Uniti e decidono di fare appello alla Corte Suprema. Grazie all’impegno del giovane avvocato, i dipinti vengono restituiti alla loro legittima proprietaria.

NoteVerticali.it_Woman-in-gold_Helen Mirren_Ryan Reynolds_2Tratto dalla reale vicenda di Maria Altmann, “Woman in gold” – in italiano “La dama in oro” – è un racconto che, servendosi dell’involucro del biopic, riesce a mettere in piedi di una ricostruzione storica non fine a se stessa. La tematica della memoria della Shoah, di cui il cinema parla spesso in modi differenti, viene inglobata qui nei panni di una coppia inusuale, un giovane avvocato e un’anziana signora. Il passato e il presente, Vecchio e Nuovo Continente, tradizione e progresso, dialogano costantemente già dalle prime evocative immagini del film, in cui dal pennello dorato di Klimt si passa alla grandezza di file di case che si perdono nella vastità di un campo lungo. Nella storia, Curtis usa sapientemente il pretesto dell’arte per far comunicare le due parti, articolando così una riflessione più ampia sul pesante bagaglio storico del Vecchio Mondo. E ancora una volta, è l’America a mettere ordine e portare giustizia, laddove il Vecchio Continente ancora intriso di  una strana forma di tradizione pregna di pregiudizio, non riesce ad agire. Eppure non tutto funziona, colpa forse di un sotto testo narrativo troppo scontatamente rivisto. Gli echi di “Philomena”, piccolo gioiellino firmato Stephen Frears, prendono troppo spesso il sopravvento. Pone rimedio la grande prova di una “regina” come Helen Mirren. Purtroppo lo stesso non si può dire dell’interprete maschile Ryan Reynold, che si trascina dietro un interpretazione alquanto opaca.

La pellicola, distribuita da Eagle Pictures, esce in Italia il 15 ottobre.

WOMAN IN GOLD – Il trailer

WOMAN IN GOLD – LA DONNA IN ORO (Usa/Gran Bretagna, 2015, Drammatico, 110′). Regia di Simon Curtis. Con Helen Mirren, Ryan Reynolds, Daniel Brühl, Katie Holmes, Tatiana Maslany, Max Irons, Charles Dance, Antje Traue, Elizabeth McGovern, Frances Fisher, Moritz Bleibtreu, Tom Schilling, Allan Corduner, Henry Goodman, Nina Kunzendorf, Alma Hasun. Eagle Pictures. Uscita in Italia: 15 ottobre 2015.