Tra conferme e limiti, la saga di How You Tee Me torna sul grande schermo nel suo terzo capitolo

A nove anni di distanza dal secondo episodio, la saga di Now You See Me torna sul grande schermo con L’illusione perfetta – Now You See Me: Now You Don’t, diretto da Ruben Fleischer. Un’attesa lunga, segnata da cambi di regia, riscritture e ricalibrature della formula, che si scioglie in un’opera costruita per divertire, stupire e ribadire l’identità del franchise: un heist-movie travestito da grande spettacolo d’illusionismo.

Il film porta nuovamente sul palco i celebri “Cavalieri” – volti ormai familiari come Jesse Eisenberg, Woody Harrelson e Isla Fisher – affiancandoli a una squadra di giovani illusionisti che introduce nuove energie e dinamiche. Il fulcro narrativo è la caccia al “Cuore di Diamante”, prezioso oggetto al centro di un complesso piano criminale orchestrato da un’antagonista carismatica e pericolosa, interpretata da Rosamund Pike.

Quello che ne esce è un film che alterna momenti di scintillio spettacolare a punti deboli strutturali, mantenendo però un ritmo sostenuto e una vocazione per l’entertainment che difficilmente delude chi cerca due ore di pura evasione.

Il cuore del film sta proprio nella sua estetica. La regia di Fleischer punta senza esitazioni sul lato “show”, moltiplicando sequenze che mescolano illusionismo, effetti speciali e montaggio serrato.
La fotografia di George Richmond si muove agilmente tra toni glamour, luci teatrali e ambientazioni urbane, trasformando ogni trucco in un mini-spettacolo autonomo: non sempre plausibile, forse, ma visivamente coinvolgente.

Il franchise non ha mai preteso rigore scientifico o realismo: ciò che offre è l’illusione del controllo totale, il piacere di vedere un meccanismo perfettamente oliato scattare nel momento giusto. Da questo punto di vista, L’illusione perfetta resta fedele a sé stesso e, anzi, spinge ancora più in alto la dimensione giocosa dell’inganno.

Uno degli elementi più interessanti del film è il tentativo di costruire un dialogo tra vecchia guardia e nuove leve. I giovani illusionisti – interpretati, tra gli altri, da Ariana Greenblatt, Justice Smith e Dominic Sessa – non sono semplici comparse, ma tessere di un racconto che vuole parlare di eredità, successione, responsabilità.

L’idea funziona a livello tematico: la magia non è soltanto trucco, ma trasmissione di saperi, fiducia, complicità. I veterani guardano ai nuovi arrivati con una miscela di diffidenza e orgoglio, mentre i ragazzi si muovono tra entusiasmo e bisogno di dimostrare il proprio valore.

Peccato che questa pista non venga sviluppata fino in fondo. Le interazioni restano troppo episodiche, e i nuovi personaggi – pur potenzialmente interessanti – ricevono uno spazio limitato, spesso sacrificato per mantenere il ritmo adrenalinico della trama.

La sceneggiatura costruisce un colpo che si sviluppa attraverso fughe, false piste, doppi giochi e rivelazioni tardive, nel pieno stile del franchise.
Il problema, però, è che dopo tre film la struttura comincia a essere prevedibile.

Il modello resta lo stesso: introduzione del piano, apparente sconfitta, ribaltamento finale in cui si svela che “era tutto pianificato”. Una logica che funziona, perché la saga ha una sua grammatica che il pubblico conosce e apprezza. Certo, non sempre sorprende, perché l’effetto “wow”, un tempo marchio distintivo, diventa più intermittente e meno incisivo. A questo si aggiungono alcuni “spiegoni” didascalici che interrompono il ritmo e appiattiscono la magia, quasi temendo di non essere compresi. È proprio in quei momenti che si avverte la fragilità del meccanismo narrativo.

Una nota di merito merita la performance di Rosamund Pike, che costruisce una antagonista elegante, severa, intelligente e moralmente ambigua.
Non è un semplice ostacolo: è una forza narrativa che catalizza l’attenzione, donando al film un tono più adulto e più oscuro. Il suo personaggio è la variabile impazzita che mette in discussione la sicurezza dei protagonisti; la sua presenza dimostra quanto il franchise possa ancora permettersi di esplorare sfumature meno giocose e più strategiche.

L’illusione perfetta – Now You See Me: Now You Don’t è un prodotto onesto: non promette ciò che non può mantenere. Chi si aspetta introspezione psicologica, un’evoluzione netta del linguaggio o una riflessione originale sul mondo dell’illusionismo, probabilmente resterà parzialmente insoddisfatto. Chi invece cerca ritmo, piglio spettacolare, un cast che funziona o sequenze d’azione coreografate come numeri da palco, troverà esattamente ciò che desidera. La saga, pur senza reinventarsi, continua a offrire intrattenimento di qualità, grazie anche a una confezione tecnica solida e a un’alchimia di gruppo che resta uno dei suoi punti di forza.

In conclusione, L’illusione perfetta non rivoluziona il franchise, non apre nuove strade e non porta la magia a un livello tematico superiore.
Ma fa bene ciò che vuole fare: intrattenere. È un film che scorre con leggerezza e sicurezza, consapevole del proprio ruolo e del proprio pubblico.
Un cinema che non pretende di essere altro da sé: brillante quando deve esserlo, più fragile quando tenta di spiegarsi, ma sempre coerente nel suo DNA di spettacolo. In definitiva, non il miglior capitolo della saga, ma probabilmente il più equilibrato, e sicuramente quello che meglio incarna la natura del progetto: un grande, dichiarato gioco di prestigio.

L’ILLUSIONE PERFETTA – Now You See me – Now You Don’t (USA, 2025, Thiller, 112′). Regia di Ruben Fleischer. Con Jesse Eisenberg, Dave Franco, Rosamund Pike, Woody Harrelson, Isla Fisher, Justice Smith, Ariana Greenblatt, Morgan Freeman, Dominic Sessa, Daniel Radcliffe, Sebastian Eugene Hansen, Mark Ruffalo, Nick Wittman, Bobby Holland Hanton, Scott Alexander Young. 01 Distribution. In sala dal 13 novembre 2025.

Di Giulia Alessi

Studi classici, amante della musica e del cinema... ma non mi piacciono i musical :)