noteverticali.it_leonard_cohen_1Una volta Lucio Dalla disse che il più bel pezzo dance è senz’altro più brutto della più brutta canzone di un cantautore. Quasi un paradosso, innocuo e geniale allo stesso tempo, che ci è venuto in mente dopo aver appreso della scomparsa di Leonard Cohen. L’artista canadese, poeta prima che cantautore, è stato salutato con i migliori aggettivi da colleghi e semplici appassionati di tutto il mondo. Unilateralità di giudizio che, da sola, basterebbe a spiegare l’importanza che la figura di Cohen ha rappresentato nel panorama della musica d’autore degli ultimi cinquant’anni. Sono davvero in tantissimi a dovergli qualcosa. Persino il cinema, verso il quale solitamente la musica d’autore è restia a concessioni: dei brani di Cohen si sono serviti diversi registi, tra cui è doveroso citare Oliver Stone, che ha utilizzato The Future (che sarebbe stato ripreso più avanti anche da Mimmo Locasciulli e Francesco De Gregori) per la colonna sonora di Natural Born Killers. Testo spiazzante, una sorta di rosario laico ornato di pessimismo senza apparente speranza

Give me back the Berlin wall
give me Stalin and St Paul
I’ve seen the future, brother:
it is murder….

nel quale però trova posto l’amore, unico e solo motore che fa muovere il mondo:

but love’s the only engine of survival

E di amore Cohen ha cantato tutta la vita, secondo diverse facce, attraversate tutte da una vena malinconica e ipnoticamente depressiva che ha catturato per l’utilizzo centellinato e mai casuale delle parole adoperate. Perché, come dicevamo, Cohen è stato prima di tutto un poeta, capace di elevare la propria arte impreziosendola con le note di una chitarra. Protagoniste, spesso, figure femminili, dipinte con un rispetto e una grazia infinitamente uniche, nonostante il dolore che potessero nascondere nell’anima. Pensiamo ai ritratti dedicati a Marianne, e poi a Nancy, Suzanne, Marianne, e anche a Giovanna D’Arco (tutte riprese da Fabrizio De Andrè in memorabili cover), a quella poesia intrisa di disincanto che ha accompagnato una produzione sempre su livelli qualitativi elevatissimi:

Your letters they all say that you’re beside me now.
Then why do I feel alone?
I’m standing on a ledge and your fine spider web
is fastening my ankle to a stone…
(da “So long, Marianne”)

Many of you who used her body,
Many combed her hair
And in the hollow of the night
When you are cold and numb
You hear her talking freely then,
She’s happy that you’ve come,
She’s happy that you’ve come…
(da “Nancy”)

noteverticali.it_leonard_cohen_2Suzanne takes you down to her place near the river
You can hear the boats go by, you can spend the night forever
And you know that she’s half-crazy but that’s why you want to be there
And she feeds you tea and oranges that come all the way from China
And just when you mean to tell her that you have no love to give her
Then he gets you on her wavelength
And she lets the river answer that you’ve always been her lover
(da “Suzanne”)

Immagini sempre intrise di una certa spiritualità di fondo, rispetto alla quale Cohen, ebreo, si è sempre posto in maniera critica, ma di un criticismo rispettoso, senza invettive o rifiuti che invece hanno caratterizzato le produzioni di altri suoi colleghi.

Oh the sisters of mercy
they are not departed or gone
They were waiting for me
when I thought that I just can’t go on
and they brought me their comfort
and later they brought me this song
oh I hope you run into them
you who’ve been travelling so long.
(da “Sister of Mercy”)

Un rispetto che è diventato denuncia sociale in diversi episodi della sua produzione, che possono essere sintetizzati nella voce levata contro le ingiustizie di Democracy

Democracy is coming to the USA
It’s coming through a crack in the wall
On a visionary flood of alcohol
From the staggering account
Of the Sermon on the Mount
Which I don’t pretend to understand at all
It’s coming from the silence
On the dock of the bay…

Temi che hanno caratterizzato anche l’ultimo lavoro, “You want it darker”, nel quale le tematiche si fanno più cupe. Segno di una fine probabilmente vissuta come imminente:

I’m traveling light
It’s au revoir
My once so bright
My fallen star
(da “Travelling light”)

dove però non mancano gli accenni apocalittici a un mondo in cui sono ancora troppe le ingiustizie:

Magnified, sanctified, be thy holy name
Vilified, crucified, in the human frame
A million candles burning for the love that never came
You want it darker
We kill the flame
(da “You want it darker“)

Difficile davvero racchiudere in un solo articolo la validità e l’importanza di un artista così geniale, poeta a tutto tondo che ha cantato gli ultimi cinquant’anni e le loro enormi contraddizioni. E che, ne siamo più che sicuri, continuerà a vivere nei cuori e nelle menti di chi l’ha amato.

Leonard Cohen

Di Luigi Caputo

Idealista e visionario, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...