Nel 2025 gli Usa si sono trasformati in una colonia aliena. Dopo una guerra, il governo ha deciso di arrendersi agli extraterrestri per salvare la pelle. I nuovi padroni rubano le risorse della terra per spedirle a casa loro, ma permettono alla popolazione di continuare a condurre la loro vita. Unica speranza di scacciare l’invasore è il leader della resistenza. Due fratelli, una prostituta e un poliziotto si muovono, in maniera differente, per dare un contributo alla causa.
Captive state, il nuovo film di Rupert Wayatt, è fantascienza nel senso più romantico del termine. La storia sembra uscita dalla penna di scrittori come Phillip Dick o Fredric Brown, un futuro intriso di presente, dove nessuna abitudine cambia e l’unico elemento “impossibile” è quello alieno. Un impianto forte che trova nella parte centrale (quella dell’attentato) la sua forza, contando su personaggi costruiti in maniera saggia e dotati di tutta la disperazione necessaria per non tirarsi indietro anche a costo della vita. Il rapporto con gli oppressori è di un’entusiastica disperazione, gli alieni hanno risolto i problemi di occupazione e criminalità, annullando la capacità di reagire in quasi tutti gli umani.
La sceneggiatura ha profondi echi noir con dialoghi ridotti all’osso che servono per marcare ulteriormente un’ambientazione dove i sentimenti si sono persi quasi del tutto. In un tempo dove la fantascienza vuol dire azione e superpoteri, è bello vedere come sia possibile ottenere un ottimo risultato raccontando persone normali e senza alcuna particolare abilità. Il noir, come il western e la fantascienza, ha sempre bisogno di un cattivo, e sebbene la scelta dei marziani non sia certo una novità, “cattivo che vince non si cambia”, o forse sì. Il regista guarda a quei film di guerra, dove la privazione di libertà e giustizia rende gli uomini capaci di qualsiasi cosa e racconta la vendetta di persone normali con lo spettatore protagonista aggiunto.
CAPTIVE STATE (Usa 2019, Fantascienza, 109′). Regia di Rupert Wyatt, con John Goodman e Vera Farmiga. In sala dal 28 marzo 2019. Adler Entertainment.
Nasce a Milano qualche anno fa. Usa la scrittura come antidoto alla sua misantropia, con risultati alterni. Ama l’onestà intellettuale sopra ogni altra cosa, anche se non sempre riesce a praticarla.