Ormai si sa che tutto ciò che proviene dallo studio Ghibli è una garanzia. Magicamente intriso di quella delicatezza narrativa tutta orientale, padre di tutti i film di Miyazaki, ricercato nello stile e nelle forme ma anche nelle questioni affrontate lo studio giapponese questa volta si mischia alla cultura occidentale collaborando con Michael Dudok de Vit, la cui carriera è stata costellata più che altro da numerosi spot commerciali.
Il regista olandese presenta quindi La Tartaruga Rossa come suo primo lungometraggio, e lo fa in grande stile.
Esordiente a Cannes 2016, candidato agli Oscar, vincitore di un Annie Awards, questo piccolo diamante – come succede nella maggior parte dei casi riguardanti le perle rare – passa in sordina, approdando nei cinema italiani per soli tre giorni. Viene da chiedersi perché sottovalutiamo così tanto i film d’animazione – specialmente quando più che ai bambini il loro senso vuole rivolgersi agli adulti.
Sviluppato tra Francia, Belgio e Giappone, il lungometraggio ha la sua particolarità nella totale assenza di dialoghi. Un uomo naufraga su un’isola sorvegliata da una gigantesca tartaruga rossa, e qui incontra una donna. Assistiamo a una storia d’amore fatta di gesti, di piccolezze, di delicatezze quasi dimenticate nella società odierna. A qualcosa di incredibilmente puro, accompagnato solo dai rumori dell’isola – quello del mare, i fruscio delle ali dei gabbiani, i rumori quotidiani troppo spesso ignorati di una natura dimenticata. A rendere ancora di più questo senso di fragilità c’è il fatto che i disegni sono vecchio stampo; nessuna animazione digitale, niente After Effects o Premiere, ma soltanto la ormai usurata matita e la magia dei colori pastello. Uno stile lineare e d’effetto che lascia largo spazio all’immedesimazione e alle emozioni.
Nonostante la relativa semplicità della trama – fermo restando che l’amore non è mai stato semplice, né tantomeno il rapporto dell’uomo con il mondo che lo circonda – La Tartaruga Rossa è saturo di metafore, di passaggi affascinanti che spingono verso la riflessione. Come tipico degli orientali, ha nascosto dietro di sé una riflessione intrinseca. Ha quella magia che ti riporta all’infanzia ma allo stesso tempo ti fa rendere conto di quanto sia doloroso crescere, poiché affronta il tema della vita con grande delicatezza.
C’è bisogno di più film d’animazione così – specialmente oggi, che il valore del silenzio troppo spesso tende a perdersi, e troppe cose finiscono con l’esser date per scontate; La Tartaruga Rossa ne è un chiaro esempio, e celebra con amore e devozione la bellezza del mondo che ci circonda.
LA TARTARUGA ROSSA (Francia/Belgio 2016, Animazione, 80′). Regia di Michael Dudok de Wit. Bim Distribuzione. In sala dal 27 marzo 2017.
Romana d’adozione, coltiva da sempre velleità artistiche; ed è personalmente convinta che uno scrittore che si rispetti debba avere almeno un gatto.