Spesso tendiamo a dimenticare che un album non è semplicemente un insieme di canzoni incise in ordine su di un disco; bensì un percorso, un opera completa che viene studiata nel dettaglio in ogni copertina, poster o locandina. Dopo più di un anno di distanza, Dargen D’Amico torna a far parlare di sé, e lo fa con un nuovo album: D’Io, pubblicato il 3 febbraio dalla Universal Music Group e dall’etichetta indipendente targata D’Amico, Giada Mesi.
Ma prima di parlare di questo incredibile disco facciamo un passo indietro. A partire dallo scorso ottobre, Dargen (all’anagrafe Jacopo) D’Amico, ha sorpreso il suo pubblico ed i suoi fan iniziando una pubblicazione settimanale di brani inediti, che sono poi andati a formare l’album L’Ottavia, pubblicato in esclusiva per Amazon il 2 dicembre 2014. Non era però possibile acquistare semplicemente l’Ottavia come disco singolo, ma si era “obbligati” a comprare l’intera raccolta, D’Io.
D’Io non è semplicemente un album, D’Io è un percorso complesso che segna la piena maturazione artistica di D’Amico. A testimonianza di ciò era possibile acquistare, oltre che il semplice disco singolo, anche un cofanetto numerato in edizione limitata, comprendente, oltre hai già citati D’Io e L’Ottavia, anche la restante discografia del cantante milanese, comprensiva dei suoi cd agli esordi, remix dei suoi successi, collaborazioni significative con altri artisti.
D’Io è un album da solista a tutti gli effetti, senza collaborazioni, scritto e prodotto da Dargen stesso con l’aiuto di Marco Zangirolami ed i fratelli Buso, ma non per questo il disco sembra avere carenze, anzi.
Dargen è un genio della scrittura, un poeta moderno che si sdoppia al microfono grazie all’aiuto della moderna musica elettronica, di autotune e dei pitch shift (variazioni di frequenza delle note).
L’album si apre con due canzoni destinate a diventare delle hit: La mia Generazione e Amo Milano.
La prima è “una fotografia tra l’oggi e il domani” dedicata a tutti e nessuno, dove ognuno può scrivere sopra il proprio nome; la seconda una dedica, ovviamente, a Milano, città che l’ha cresciuto sia musicalmente che personalmente.
Il terzo singolo è, inaspettatamente, anche la canzone che chiude il disco: Essere non è da me, un discorso con la sua spiritualità interiore, rappresentata dalla Luna che a sua volta rappresenta Dio stesso. Nel video possiamo vedere immagini riprese da Dargen stesso durante l’anno e mezzo trascorso prima dell’uscita di D’Io: un viaggio in località esotiche e lande desolate che ci accompagnano nella testa di un vero artista.
Oltre a questi tre primi estratti, l’album possiede altre 11 tracce da ascoltare e gustare, prima tra tutte Modigliani, forse una delle migliori canzoni scritte dal cantautorap milanese, che spiega così in un intervista: “Modigliani dipinge, non è molto bravo, è di salute cagionevole. Beve molto così va a Parigi, s’innamora felicemente ma muore. Dopodiché diventa molto bravo a dipingere“.
D’Io è un percorso, anzi, una scala che getta le sue fondamenta nei primi album da solista di Dargen, Musica senza musicisti, Di Vizi di forma virtù, e prosegue gradino dopo gradino poggiandosi sui suoi grandi successi, CD, Vivere aiuta a non morire e i capolavori di nicchia, Nostalgia Istantanea. Ma allora D’Io che ruolo ha? Ci piace pensare che D’Io sia la fine della scala ed un trampolino di lancio verso il futuro e nuovi capolavori.
Medaglia d’argento quindi, si, perché questo disco ha un grosso difetto: finisce.