Si avvicina la grande serata in cui saranno proclamati i vincitori degli Academy Awards, e, ancora una volta, tra i favoriti c’è l’attore di “Titanic”, quest’anno impegnato in un’interpretazione a dir poco epica…basterà?NoteVerticali_Leonardo_diCaprio_Blood_2L’eternamente giovane Leonardo DiCaprio torna di nuovo in pista sia tra gli attori più talentuosi del momento, sia tra quelli candidati al premio Oscar di quest’anno. E se per lo “sfortunato” attore – così etichettato dopo l’uscita di “Titanic” che maledì la sua carriera (almeno per ciò che riguarda i riconoscimenti) – non bastava né interpretare un giovane ragazzo disturbato, né il magnate ed aviatore Howard Huges, né un avido ricercatore di diamanti, né il folle broker newyorkese Jordan Belfort, ecco che, questa volta, si cimenta in quella che i critici statunitensi hanno definito come la sua performance più riuscita e, probabilmente, la più difficile. Certo, essere guidati da un regista come Alejandro Gonzàles Inarritu non solo è un privilegio, ma risulta essere un grande vantaggio. Un regista aperto mentalmente, innovativo, creativo, che sfonda i canoni della regia classica per raggiungere ed esplorare quegli spazi in cui tanti ancora non si sono addentrati. Il regista premio Oscar per l’acclamato “Birdman” inscena un film crudo, spietato, di poche battute, teso esplicitamente a raccontare la storia di un cacciatore – interpretato proprio da un immenso DiCaprio – che, dopo l’assassinio del figlio da parte di uno dei suoi compagni di viaggio (le cui sembianze vengono calcate da un inquietante e non meno bravo Tom Hardy) comincerà ad addentrarsi verso la strada della vendetta.
Una pellicola, dunque, a tratti nuova, fresca, che fa parte di un prodotto sicuramente unico, che salta all’occhio dei critici e del pubblico. Del resto, non è una novità per un attore della portata di DiCaprio. Durante la sua impeccabile carriera ha già avuto modo di collaborare con i migliori registi in circolazione. Con il leggendario Martin Scorsese, tra l’altro, ha stretto un ottimo sodalizio professionale sin dal lontano 2002, dai tempi di “Gangs Of New York” (sotto l’ala di uno dei più grandi attori di tutti i tempi, Daniel Day-Lewis). Dall’uscita di quella pellicola, sembra aver iniziato un percorso che l’ha portato agli occhi di tutto il mondo che lo etichettò subito come “uno dei migliori interpreti della sua generazione”. Mettendo da parte i film di successo del regista italoamericano (tra cui occorre ricordare “The Aviator”, “The Departed”, “Shutter Island”, “The Wolf Of Wall Street”), altri registi si sono spinti a collaborare con lui. Edward Zwick ha avuto occasione di dirigerlo nel popolare (e politico) “Blood Diamond”; l’inglese Sam Mendes nel drammatico “Revolutionary Road” (in cui viene affiancato dalla talentuosissima, nonché sua amica di vecchia data, Cate Winslet); il gigante Steven Spielberg con la brillante commedia “Prova a prendermi” (al fianco del premio Oscar Tom Hanks); il genio di Christopher Nolan lo ha condotto nei meandri della sua elaborata mente nel fantascientifico “Inception”; il vecchio Clint Eastwood lo plasma nel misurato (ma non facile) ruolo del direttore dell’ FBI J. Edgar Hoover nell’omonimo film.
NoteVerticali.it_Leonardo_DiCaprio_AviatorE ancora, il ‘folle’ Quentin Tarantino gli disegna addosso una barba curata, dei capelli lunghi e una misteriosa pipa per immedesimarlo nello spietato schiavista Calvin Candie nello storico-pulp “Django Unchained” (dove viene spalleggiato dai due premi Oscar Christopher Waltz e Jamie Foxx); il regista di costume Baz Luhrmann lo dirige nell’epico dramma “Il Grande Gatsby” nel ruolo di assoluto protagonista.
E se tutti questi ruoli, questi personaggi, questi grandi nomi, questi titoli che i critici di tutto il mondo hanno apprezzato con grande interesse, non bastano a calcare il vero potenziale nascosto dell’attore, ci pensa il messicano Inarritu a tirarne fuori il “lato maturo”. Con “maturo” si intende quella parte nascosta dell’attore che, finora, si è sempre misurato in ruoli sì complessi, ma tutti della sua portata. Nei film precedenti all’ultimo “The Revenant”, per l’attore è stato facile vestire i panni di tutti quei personaggi che, in un modo o nell’altro, l’hanno condotto dal celebre regista messicano, da molti oggi considerato uno dei più grandi del panorama cinematografico contemporaneo. La sfida vera, il reale confronto con le sue capacità e la storia che in quest’ultimo film deve raccontare, la trova proprio nel cacciatore Hugh Glass, realmente esistito. Un uomo di poche parole, pratico, che, nella sua storia di vendetta, è in perenne contatto con la natura, con le sue domande, le sue creature, i suoi fantasmi. Un personaggio estremamente complesso, la cui psicologia si frammenta sempre più in un percorso di carneficina fisicamente distruttivo e mentalmente autodistruttivo. DiCaprio soffre la fame, il freddo dei luoghi sperduti in cui il regista ha cocciutamente voluto girare la pellicola (“Volevo dei posti, dei luoghi, che rendessero al meglio l’idea di essere ancora sconosciuti dall’uomo”, dice Inarritu). È in perenne contatto con la morte ma anche con la vita, sfruttando come punto di connessione una sopravvivenza estrema, quasi letale per il solitario protagonista. Vediamo Hugh Glass esprimersi per quasi tutta la durata del film con versi, parole strozzate per le ferite e l’incontrastabile freddo, con le lacrime che i suoi occhi, stanchi, vuoti, colmi di rabbia, vendetta e morte, evocano nell’incontaminabile natura con cui è costretto a confrontarsi. Le sue cinque mancate vittorie agli Oscar (di cui una come produttore impegnato per “The Wolf Of Wall Street” ed escludendo quest’ultima in concorso), le uniche tre vittorie ai Golden Globe (su un totale di ben dodici nomination), nonché i tre mancati premi Oscar brittanici, i BAFTA (sempre escludendo la sua ultima performance), sono il povero incasso di uno degli attori più quotati ed impegnati del momento. Che la sua mastodontica performance (ormai data per certa nella vittoria dei prossimi Oscar dai critici) possa, dopo il successo ai Globe, garantirgli la tanto ambita statuetta sia da lui, sia dai suoi fan? Noi, dopo la visione dell’incredibile pellicola firmata Inarritu, crediamo di sì. E voi?

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