Abbiamo intervistato l’autrice e l’interprete dello spettacolo, in scena al Teatro Trastevere e premiato al Roma Fringe Festival 2016, che apre una riflessione acuta e divertente sull’universo femminile

noteverticali.it_chiara_becchimanzi_principesse_e_sfumature_1Principesse e Sfumature si propone di riflettere e far riflettere, con ironia, sugli stereotipi e i luoghi comuni legati all’immagine della donna e alla sessualità. Abbiamo intervistato Chiara Becchimanzi, autrice e interprete.

Quando e com’è nata l’idea da cui poi si è sviluppata la tua perfomance?
Principesse e sfumature è il frutto di una serie di eventi che si sono verificati in maniera per così dire “congiunta”: innanzitutto, “l’abbandono” da parte della mia psicologa, trasferitasi lontano, che mi ha portato a traslare su carta le mie riflessioni riguardo alle disavventure amorose, sessuali, emotive immaginando di parlare con lei; gli incontri più o meno bizzarri con l’altro sesso; la partecipazione al varietà comico “Social Comedy Club”, durante il quale testavo pezzetto per pezzetto le tessere del puzzle che andavo componendo; la lettura quasi per gioco del best seller-patacca “50 sfumature” e le mie ricerche in merito; il lavoro con i bambini e le bambine della scuola materna, grazie al quale scoprivo che gli stereotipi di genere agiscono già in tenerissima età.
Soprattutto, però, l’idea di “Principesse e Sfumature” nasce più o meno un anno e mezzo fa da un’urgenza: parlare di sesso, discriminazione di genere, sfera emotiva femminile e maschile, abitudine femminile al sacrificio e all’accontentarsi, fuor di cliché. O meglio, partendo dai cliché per poi smontarli uno ad uno, attraverso la risata, che rimane a mio parere una grande chiave di volta per scatenare la riflessione.

Qual è il messaggio che vuoi trasmettere al pubblico e il tipo di riflessione che ti aspetti ne derivi?
La cosa più intensa che è capitata durante le varie repliche dello spettacolo è stata questa: una ragazza di circa 25 anni mi si avvicina e mi dice : “Volevo ringraziarti sai. Mi hai fatto tanto ridere, ma soprattutto l’ultima parte. Ecco, mi ha fatto pensare che…io mi accontento sempre. E devo smetterla di accontentarmi. Perché sono abbastanza…” E poi è scoppiata a piangere. Il mio cuore si è allargato. Credo che questo episodio racconti perfettamente l’intento dello spettacolo. Però, come sempre quando si parla di arte o performance, la meraviglia sta nel fatto che non ci sia nulla di univoco: tutti  troveranno qualche spunto nel quale riconoscersi, che genererà una riflessione sempre diversa, e questo è esattamente quello che mi aspetto.

Secondo te, meglio voler essere una principessa o una guerriera?
Non credo che ci sia una risposta a questa domanda. Nessun desiderio è migliore di un altro a priori. L’importante è che il desiderio venga davvero da noi, dal profondo di noi e non sia indotto o modellato dalle aspettative di qualcuno, dall’impianto culturale, dal super ego. Se si vuole essere una principessa o una guerriera, è meglio esserlo. Ma lo si vuole davvero? Questo bisogna chiedersi. E se si vuole qualcosa di diverso da quello che ci si aspetta da noi, si è libere di lottare per ottenerlo? O la libertà gridata mediaticamente è in realtà soltanto apparente?

Tu, personalmente, chi sei delle due?
Credo di essere una principessa-guerriera. E questo conflitto tra le due forze in atto…beh, devo ancora risolverlo, o sublimarlo. Non per niente la terapia!

Parli solo di sesso o ci sono in ballo anche emozioni e sentimenti?
Il sesso porta con sé un carico enorme di emozioni e sentimenti, sempre. Anche per gli uomini. E non per forza sentimenti legati necessariamente al partner eventuale, piuttosto stati emotivi relativi al modo di vivere il sesso, che nasconde sempre un sacco di cose interessanti. Quindi sì, parto dal sesso per arrivare un po’ più su e un po’ più in profondo.

noteverticali.it_chiara_becchimanzi_principesse_e_sfumature_2Secondo te, per una donna, cosa c’è di positivo e cosa di negativo nell’avere 30 anni?
Avere 30 anni oggi è difficile, indipendentemente dal genere. La precarietà a cui siamo stati condannati e condannate dalla generazione dei nostri genitori si trasferisce facilmente anche alla sfera emotiva, così da produrre uno strano attrito tra i modelli di riferimento e la realtà. Per le donne che conosco, parlo chiaramente per esperienza personale senza la presunzione di generalizzare, la precarietà si traduce anche in un positivissimo potenziamento dell’attitudine al multitasking. Le 30enni di oggi bastano a se stesse, sono vulcani di idee e risorse, e stanno imparando a prendersi cura di sé. Tra di loro, le single sono abbastanza stanche di trovare uomini o donne non all’altezza della situazione e quindi preferiscono spesso la solitudine, che le porta, forse, a vedersi ancora più in alto, rendendo come in un circolo vizioso ancor più difficile la relazione. Però avere 30 anni è anche fichissimo: per il bagaglio musicale e cinematografico, per aver vissuto gli assurdi anni 90. E anche perché, secondo me, la nostra generazione, arrivata all’età adulta interamente senza smartphone, ha più chance di sopravvivenza lavorativa e sentimentale. Certo, la discriminazione di genere ha ancora i suoi ben saldi meccanismi: linguistici, pratici, culturali. E li viviamo ogni giorno, nel bene (quando ad esempio sorridiamo un po’ più energicamente per evitare una multa) e nel male (quando ad esempio attraversiamo la strada con una bella minigonna, e ci sentiamo spogliate da certi sguardi e giudicate da altri). Per non parlare dei vari: “ah no, non ci parlare oggi, ha le mestruazioni…”.

Dal tuo punto di vista le donne hanno davvero bisogno di un uomo per sentirsi realizzate e felici?
No. Io credo però che tutti gli esseri umani abbiano bisogno di amare ed essere amati. Che non vuol dire necessariamente avere una relazione stabile con una persona dell’altro sesso. Ma semplicemente coltivare momenti d’amore, cosa che spesso ci è oggi impedita da un’incapacità relazionale crescente, dalle chat che sostituiscono gli incontri reali, dalla distanza dai propri desideri e il disinteresse per i desideri dell’altro o dell’altra.

Il 25 novembre è stata la giornata contro la violenza sulle donne. Tanti, troppi, sono ancora i casi di femminicidio in Italia e nel mondo. Cosa possono fare il teatro e la cultura in generale?
Sarebbe necessario innanzitutto partire dai bambini e dalle bambine, operando una corretta e approfondita alfabetizzazione emotiva sin dalla tenera età, in modo che siano in grado di riconoscere le proprie e altrui emozioni e soprattutto si sentano liberi/e di esprimerle sempre.  Poi, lavorare sugli stereotipi culturali, giacché esistono e semplicemente ignorarli sarebbe negazione, forse sarebbe opportuno analizzarli insieme, per imparare a riconoscerli e metabolizzarli.
Secondo la mia esperienza, poche cose veicolano il rispetto per le differenze, l’ascolto e l’apertura verso gli altri e le altre e i processi di sblocco emotivo come il laboratorio teatrale che può essere davvero uno strumento prezioso.
Culturalmente, il lavoro è ancor più lungo, dovremmo scardinare i modelli da cui siamo bombardati: donne mamme in carriera perfettamente truccate che preparano bene la cena, le cui priorità riguardano il gonfiore addominale, la discrezione degli assorbenti, la sensualità a tutti i costi di un corpo usato ormai come specchietto mediatico per le allodole; la letteratura infantile, con le sue principesse in attesa del principe e i modelli familiari, perché ogni uomo è stato un bambino, inserito all’interno di precise dinamiche familiari, che si sono suo malgrado incise a fuoco nel suo pattern comportamentale.
La violenza non è un problema maschile o femminile: è culturale e sociale, è qualcosa che riguarda tutti e tutte. Le altre operazioni riguardano sicuramente il linguaggio: utilizzare sempre le desinenze di genere corrette e riflettere sull’impatto degli insulti. E anche, ma questa è una mia fissazione, spiegare molto bene ai ragazzi cosa accade durante il ciclo mestruale, per scardinare anche questo assurdo tabù.

Principesse e Sfumature, di e con Chiara Becchimanzi, dall’8 all’11 Dicembre 2016 in scena a Roma, al Teatro Trastevere, Via Jacopa de’ Settesoli, 3. Orario spettacoli: dal giovedì al sabato ore 21, domenica ore 17.30. Biglietti 12 intero, 10 ridotto.

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