Si è concluso il primo atto dell’ennesima liturgia nazionalpopolare che si celebra una volta all’anno da 75 anni. Le mode cambiano, e da qualche tempo anche Sanremo sembra accorgersene. Non ci sono più i cantori della retorica che venivano riesumati a febbraio per la gioia del pubblico televisivo. Ora la musica in televisione è diventata quotidiana, grazie ai troppi talent che imperversano da oltre un decennio provando a militarizzare bravura e successo, quasi come se passare da un XFactor qualsiasi sia viatico imprescindibile per dimostrare al mondo che sei bravo. Ma, come in tutte le buone regole che si rispettano, ci sono le meravigliose eccezioni che scompigliano le carte.

Carlo Conti è tornato come direttore artistico della kermesse e ha scelto un profilo di continuità, confezionando un cast variegato che strizzasse l’occhio allo streaming e cercasse di attirare pubblico green per svecchiare il target geriatrico di Raiuno. Per la co-conduzione della prima serata, ha scelto di farsi accompagnare da presenze consolidate e familiari come Antonella Clerici e Gerry Scotti. Prevedibili, rassicuranti, amiche, che hanno permesso di mantenere lo spettacolo sul filo dell’intrattenimento leggero, senza sorprese. Ma torniamo alla musica.

Dopo il primo ascolto che solitamente restituisce in parte la resa qualitativa complessiva, possiamo ritenere soddisfacente il mix di proposte, almeno in alcune esibizioni. Analizziamole qui in dettaglio, una ad una, in ordine di apparizione:

Gaia – Chiamo io chiami tu
Se sei reduce da un tormentone estivo, l’unico con cui vieni identificata dal pubblico, la tentazione di ripeterlo è più forte di ogni cosa. “Per esempio a me piace la musica, stare nuda e nessuno che giudica” è una partenza che vorrebbe creare attenzione. Il tentativo riesce a metà, con un brano che ripete in modo ossessivo il titolo cercando di coprire il poco che resta sotto, un po’ come quando al ristorante abbondi di parmigiano in un piatto cucinato male.
Francesco Gabbani – Viva la vita
La canzone festivaliera deve essere orecchiabile, con un ritornello che resta al primo ascolto. In questo Gabbani preferisce giocare sul sicuro e confeziona un brano che non sorprende, ma offre la sensazione piacevole di una passeggiata primaverile. Onesta, ci aspettiamo buoni ritorni dal voto popolare.

Rkomi – Il ritmo delle cose
L’inizio con le vocali aperte non giova a chi ha superato i quaranta. Tutto il resto sembra già sentito ma, si sa, conta poco. Lo risentiremo in radio.
Noemi – Se t’innamori muori
Anche qui si rischia poco, ma l’effetto non è affatto spiacevole. Lei è elegante, e restituisce eleganza anche al brano.
Irama – Lentamente 
Mise da generale napoleonico per un artista giovane ma che ha sempre raccolto molto dal Festival. Canzone godibile, da Grignani anni ’90.
Coma_Cose – Cuoricini
Due che la sanno lunga e che sul tema tormentoni possono tenere lezioni universitarie. In versione Ricchi e Poveri 2.0 si candidano ad essere i Colapesce e Dimartino di questa edizione, ovvero quelli che cercano di raccontare la realtà utilizzando la leggerezza musicale. Siamo sicuri che il brano – che non parla d’amore ma piuttosto della solitudine generata dai social, da qui i cuoricini del titolo – farà faville anche dopo S. Valentino.
Simone Cristicchi – Quando sarai piccola
Parlare di malattia non è facile, e pensiamo che non lo sia affatto quando si parla della malattia di un proprio caro. Cristicchi è bravo, il testo della canzone lascia il segno, ma forse su musica e interpretazione ci aspettavamo qualcosa di più.
Marcella Bella –  Pelle diamante
Più femme fatale oggi che cinquant’anni fa, quando giocava con un coniglio dal muso nero. Le montagne non sono più verdi, ma lei torna in auge per la gioia di un pubblico che non l’ha mai dimenticata. Dimenticabilissima invece la canzone che la vede anche tra gli autori: evidentemente in famiglia la vena compositiva resta saldamente in mano a Gianni.
Achille Lauro – Incoscienti giovani
Il trasformista per eccellenza della musica italiana, secondo solo a Jovanotti, ci riprova e lancia un brano che si fa ascoltare sin da subito e si candida seriamente alla vittoria finale. Testo banalotto e a tratti melenso (che significa “Se non ti amo fallo tu per me“? E poi “Ti chiamerò da un autogrill” nell’epoca dei telefonini? Mah…), ritornello che acchiappa. Continueremo a sentirlo in giro, ahimè.
Giorgia – La cura per me
Ecco chi a buon diritto può permettersi di cantare persino l’elenco telefonico. Voce immensa, che negli anni a tratti sembra addirittura migliorata. Brano che non è un capolavoro, e che risente di mancanze autoriali di cui Giorgia ha sempre sofferto. Peccato. Ma resta una delle cose migliori ascoltate al Festival di quest’anno.
Willie Peyote – Grazie ma no grazie
Pino D’Angiò è vivo e lotta insieme a noi. Brano interessante, una bella iniezione di ritmo e una bella interpretazione.
Rose Villain – Fuorilegge
Piacevole e trascinante. Una conferma per certi aspetti sorprendente. Brava.
Olly – Balorda Nostalgia
Premesso che a vent’anni la nostalgia non dovresti neanche sapere cosa sia, il brano mostra mestiere e si farà riascoltare senza drammi.
Elodie – Dimenticarsi alle sette
Aria da femme fatale per una che – come dimostra l’ultima risposta data a un giornalista su Giorgia Meloni – non le manda mai a dire. Canzone appena sufficiente, che cerca di caricarsi con un’interpretazione che comunque resterà nella memoria di questo Sanremo.
Shablo feat Joshua, Guè e Tormento – La mia parola
Quattro campioni del genere confezionano una piccola jam session che porta sul palco sanremese arie da black music anni 90. Non male.
Massimo Ranieri – Tra le mani un cuore
Un campione della nostra canzone, che quest’anno è tornato sul palco sanremese con un pezzo di Nek e Tiziano Ferro. Brano forse costruito troppo a tavolino, interpretazione teatrale, ma lui resta una garanzia.
Tony Effe – Damme ‘na mano
Come si cambia per non morire. Dopo i tormentoni, Tony Effe punta a creare il personaggio, e per farlo sceglie l’icona della romanità maledetta. Il pezzo infatti è un misto tra “Il padrino”, “Tanto pè cantà” e qualcosa di Califano. Ma non basta scimmiottare per essere.
Serena Brancale – Anema e core
Aria di festa sulla spiaggia in un lido mediterraneo. Si balla, si beve, ci si diverte. Ma come faceva la canzone?
Sanremo 2025: Dario Brunori sul palco (foto Getty Images)
Brunori Sas – L’albero delle noci
Siamo dalle parti della poesia. A Sanremo, portarla è sempre un rischio. Lui lo fa e bisogna riconoscergli che ha coraggio da vendere. Non ha mai avuto bisogno di Sanremo, ma a Sanremo sa essere commovente e non retorico. E sceglie anche un look alla Modugno con chitarra anni ’50 che lo riporta all’italian dandy delle radici e che restituisce discrezione e compostezza in un contesto in cui le canzoni dovrebbero avere sempre la precedenza. E la sua resta, indubbiamente. Un acquerello malinconico sul tempo che passa, sulla propria essenza, sulle radici calabresi, sulla vita. Non serve essere di parte. Anzi, quando c’è il talento, bisogna apprezzarlo.
Modà – Non ti dimentico
Onestamente li avevamo dimenticati. Kekko fa il suo e mostra di meritare una seconda possibilità. Orecchiabili e ascoltabili.
Clara – Febbre
La ragazza di Mare fuori è diventata adulta. E si candida a essere la nuova Elodie con un brano che farà il botto in radio.
Lucio Corsi – Volevo essere un duro
Insieme a quello di Brunori Sas, era il brano che aspettavamo da questo Festival. Leggero come una farfalla, efebico, rivoluzionario. Lucio Corsi non nasce oggi, e dopo tanta gavetta merita un palco così. Il brano portato a Sanremo non è “Tu sei il mattino”, ma lo stile è quello, inconfondibile. Una ballad leggera per chi prova a nascondersi dietro le proprie insicurezze, ma alla fine scopre che restare se stessi è l’unico modo per amarsi. Camuffato come Peter Gabriel, è nient’altro che Lucio. E a noi va benissimo così.
Fedez – Battito
Dimenticabile e prevedibile, il brano è un pezzo di Fedez che rifà Fedez. Non ne sentivamo il bisogno, ma lo riascolteremo fino alla noia in radio. Ahimè.
Bresh – La tana del granchio
Tra i più giovani della nidiata di campioni di quest’anno, Bresh si regala una partecipazione interessante, con un brano che si fa apprezzare.
Sarah Toscano – Amarcord 
Interpretazione a tratti fragile che non regala sussulti. Rivedibile.
Joan Thiele – Eco
Gran bella sorpresa. Gran bella canzone. Merita.
Rocco Hunt – Mille vote ancora
Piccoli rapper crescono e trovano una nuova identità non dimenticando le proprie radici. Brano tutto sommato apprezzabile, si farà sentire.
Francesca Michielin – Fango in paradiso
Uhm uhm uhm. Testo raffazzonato su un amore in pena e interpretazione che non riesce a farlo sollevare dalla mediocrità. Non ci è rimasto dentro.
The Kolors – Tu con chi fai l’amore
Ennesimo tormentone confezionato da Stash, Petrella e Calcutta. Si sente già aria di vacanza a Mykonos. Le radio sono avvisate.

 

Di Luigi Caputo

Idealista e visionario, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...