Nell’opera letteraria prima di Kim Rossi Stuart Le guarigioni parlano dell’umanità
Lo scorso gennaio l’editrice La Nave di Teseo ha visto debuttare l’attore e regista Kim Rossi Stuart come scrittore per la prima volta in assoluto.
Ne è seguita subito una buona attività di ufficio stampa, che ha organizzato la presentazione del libro, fatta personalmente dall’autore, in parecchie città d’Italia attraversandola un po’ tutta da Nord a Sud.
In tal modo, Le guarigioni sono approdate anche all’appena concluso Salone del Libro di Torino.
Lo stile necessariamente narrativo del libro, composto da cinque racconti tra loro distinti, ha fatto sperimentare una nuova forma artistica all’autore stesso – nonostante sia difficile pensare che ne fosse del tutto estraneo prima di iniziarlo – abituato invece alla forma asciutta e schematica del copione cinematografico.
Ma è il sottotesto ciò cui si deve prestare attenzione nella lettura di questi racconti, alle volte forse un po’ troppo nascosto e bisognoso di essere meglio esplicitato. I personaggi, tutti adulti tranne pochissime eccezioni, vivono o tentano di raggiungere le rispettive guarigioni – in certi casi, pacificandole invece attraverso il sopraggiungere della fine della loro vita – passando delle vere e proprie turbolenze emotive. Fattore scatenante di ciò è essenzialmente l’amore, come meglio degli altri racconti lo esprime quello intitolato L’altra metà e maggiormente esasperato ne Il maniaco inesistente.
È possibile leggere i racconti senza seguirne l’ordine di pubblicazione, essendo appunto slegati fra loro nello svolgimento narrativo.
Eppure il filo conduttore, già individuato nelle turbolenze emotive che animano i vari personaggi, li accomuna e lo fa per il semplice fatto che tutti loro sono fondamentalmente esseri umani e che di umanità si parla.
Di campioni di umanità, a dire il vero, esasperati nelle nevrosi in cui vengono colti e narrati. Tutte nevrosi, eccetto nell’ultimo racconto Alla fine del Male (l’ultimo diavolo), generate all’interno di rapporti di coppia non solo sentimentali ma anche, in un caso, genitoriale come padre e figlio.
A volte, sempre a onor del vero, ciò viene espresso in modo esagerato se non fastidioso, rispettando però in tutto il libro uno stile semplice – ma non banale – perché diretto, frizzante e di frequente ironico.
Difficile credere anche che non ci sia nulla di propriamente autobiografico, com’è stato invece dichiarato dall’autore.
Questo specie perché nello scrivere ognuno di questi racconti si è attinto a fonti – se non veri serbatoi – di emozioni troppo ben trasferite e sviluppate sulla pagina per esserne del tutto avulsi.
Editrice: La Nave di Teseo
Pagg.: 206

Ha scelto di approfondire le materie che ama da sempre conseguendo una laurea in Lettere Moderne. Che in terra brianzola è di per sé una sfida. Ma specializzandosi in Storia del Teatro Inglese e Cinema è quasi incoscienza. Tuttavia, unendo lavoro pratico a collaborazioni artistiche, da anni si occupa di recensioni culturali e anche di editoria.