Al Teatro Eliseo di Roma la trasposizione dell’eterno classico dell’autore francese per la regia di Andrée Ruth Shamman

 

La commedia passa dall’allegria alla disperazione con squarci di profondità fantastici, fotografando quello che siamo noi oggi. Questo è il genio di Molière. C’è l’umanità e c’è la ferocia. E’ crudele e fragile. Oggi diremmo bipolare.” –  Gioele Dix

Dopo il successo delle passate stagioni, arriva sul palcoscenico del Teatro Eliseo l’eterno classico di Molière,Il Malato immaginario”, spettacolo che la regista Andrée Ruth Shamman portò in scena già nel 2014, in omaggio al compagno Franco Parenti, per celebrarne i 25 anni dalla scomparsa.

Ancora Gioele Dix nel ruolo di Argante, un uomo di mezza età che trascorre le sue giornate davanti a quello che al giorno d’oggi potrebbe essere un computer, intento a fare i conti delle spese mediche e farmaceutiche.  Accanto a lui sempre presente al centro della scena, Anna Della Rosa (attrice ne “La Grande Bellezza” di Sorrentino) interpreta con sapiente ironia, la furba e pungente cameriera-badante Tonina, l’unica in grado di supportare e sopportare le nevrosi e il delirio di Argante, l’unica in grado di farlo ragionare.

Il capolavoro di Molière cela, dietro l’allegria e le risate, quello che è in realtà un aspetto drammatico della condizione umana: la paura della morte, il male di vivere, l’incapacità di affrontare questa vita con tutti i pericoli e problemi che comporta, la paura della malattia stessa e dell’impossibilità di guarire. Molière considerava il teatro e la commedia come un’espressione di se stesso e dei propri sentimenti, “per lui, l’invenzione comica era il compimento, la manifestazione delle proprie tendenze.” (Ramon Fernandez). Lo spettacolo comico, dunque, diviene una maschera indossata per esorcizzare la malattia, un gioco per ingannare la morte. Da qui il paradosso: meglio fingere di essere malati piuttosto che dover accettare di esserlo realmente e affrontare le conseguenze che tale consapevolezza comporta.

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Perciò Argante, non solo fa finta di essere malato, crede realmente di esserlo e usa questa sua condizione come alibi, come un pretesto per giustificare il suo malessere, il bisogno di circondarsi di sciroppi e unguenti e sonniferi, medicinali d’ogni sorta e medici, interessati più che a cercare di farlo in qualche modo rinsavire, ad approfittare della situazione per un tornaconto personale, ed ancora per sentirsi accudito e compatito.  E leggendo tra le righe, tra una risata e l’altra, ci rendiamo conto che la malattia del protagonista è immaginaria solo da un punto di vista fisico, perché quella di cui soffre Argante è una condizione di malessere psichico, esistenziale, una sorta di depressione cronica che impedisce di accettare la vita così com’è, apprezzarla qui e ora e coglierne gli aspetti positivi.

Gioele Dix riesce con grande bravura e presenza scenica a restituire l’alternanza degli aspetti tragici e al contempo comici del suo personaggio, emblema della fragilità umana, testimone di un disagio, testimone dell’esigenza di difendersi dal mondo e fuggire da ogni responsabilità.

“Se un classico non regge il tempo non è un classico. Ma in questo caso la relazione così difficile del protagonista con tutti quelli che gli stanno intorno, questo male di vivere, questo abuso di arte medica che anche oggi è così diffusa, veramente parlano molto al presente e all’attualità”.

Il Malato ImmaginarioMolière, produzione Teatro Franco Parenti, regia di Andrée Ruth Shamman, con Gioele Dix, Anna Della Rosa, Valentina Bartolo, Marco Balbi, Francesco Brandi,  Piero Domenicaccio, Linda Gennari, Pietro Micci , Alessandro Quattro, Francesco Sferrazza Papa.

Al Teatro Eliseo, fino al 17 Dicembre.

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