Abbiamo intervistato la cantautrice gallese che per la prima volta ha inciso redisCOVERed, un album in cui canta brani di altri, dai Deep Purple a ed Sheeran, passando per Joni Mitchell

Una canzone non è solo di chi la scrive. E’ soprattutto di chi la canta e interpretandola, la rende colonna sonora dell’istante che sta vivendo, che magari ricorderà proprio per quella melodia evocata in modo libero e istintivo. Ecco perché anche chi per mestiere scrive canzoni può lasciarsi infatuare da brani composti da altri. Ma un disco di cover è una prova difficile da affrontare per chiunque. Ci si mette in gioco, e il rischio di sbagliare è sempre altissimo. Ne sa qualcosa Judith Owen, cantautrice gallese tra le più prolifiche degli ultimi anni. Dopo l’esperienza significativa caratterizzata da un disco come Somebody’s Child – definito dal Sunday Times uno dei migliori album del 2016 – ha spiazzato pubblico e critica con redisCOVERed, un disco di cover, ma non solo. Sì, perché i brani dell’album, che pescano nel repertorio variegato che va dai Deep Purple a Ed Sheeran, passando per Joni Mitchell e Donna Summer, lasciano un’impronta decisamente marcata. E la prova diventa in questo caso un esame superato a pieni voti, per interpretazioni mature che non ingabbiano in stereotipi precotti, tutt’altro. Un esempio su tutti, la reinterpretazione di Hotline Bling di Drake, che da pezzo rap diventa uno struggente monologo piano e voce letteralmente da brividi. L’originalità diventa di casa, e parlarne nel caso di un disco di cover sembra il più classico degli ossimori, ma è davvero così.

Abbiamo avuto la piacevolissima occasione di incontrare Judith Owen nel corso di una pausa del suo tour che la sta portando in giro per il mondo.

Una cantautrice decide di incidere un album di cover. Judith, perché questa scelta?
Beh, da diversi anni i miei fan mi chiedevano di mettere su disco una raccolta delle mie reinterpretazioni personali di cover. Ho pensato che questo fosse il momento giusto, ma piuttosto che realizzare una semplice compilation delle mie cover del passato (ne ho reinciso solo due, la preferita dai fan “Smoke on the water” e poi “Black Hole Sun”), ho iniziato a riscoprire perle vecchie e nuove, dal 1930 fino a “Hot Line Bling” di Drake.

Qual è stata la logica di selezione dei brani? Un omaggio agli artisti che ami di più?
Nel caso di Joni Mitchell sicuramente sì! Lei è il riferimento per molte generazioni di cantautrici. Onesta, coraggiosa, ha sempre mescolato senza timore in modo del tutto originale generi e stili. Ho voluto accendere la luce sulla sua poetica e onorare la sua arte specie in un periodo, quello degli anni ’80, in cui è stata tristemente trascurata! Oltre a lei, la scelta dei brani che ho incluso nel disco è stata dettata dalle canzoni, e dall’impatto che ciascuna di esse ha avuto su di me e sulle mie esperienze personali. Come tutti, anche a me piace indossare un paio di auricolari e sentirmi trasportata verso altri luoghi e tempi, in un mondo di fantasia dove sto cantando. D’altronde, la musica è o non è la colonna sonora delle nostre vite? Tutti ci sentiamo più o meno protagonisti di un videoclip. Ecco, ho cercato di portare questa sensazione ai massimi livelli, cercando un nuovo e diverso significato in ogni canzone che ho reinterpretato!

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Una cover fa pensare al passato. In generale quanto è importante riscoprirlo? Può essere un modo per aiutarci a migliorare il presente?
Certamente! Io canto ciò che conosco e traggo ispirazione e spunto dall’esperienza umana. Senza quella, cosa dovremmo dare o dire? Riscoprire queste canzoni mi ha fatto riflettere molto su me stessa e riportare alla luce esperienze che avevo sepolto nel passato. E le esperienze, così come le rughe, non dovrebbero nascondersi, ma indossate con orgoglio come distintivi d’onore.

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Il tuo lavoro di riscoperta potrebbe essere frainteso. Non temi confronti con le versioni originali dei successi che hai reinterpretato?  
Li temerei se avessi fatto solo copie scialbe degli originali, ma credo non sia così. Gli originali sono semplicemente i migliori, è giusto e opportuno render loro onore e gloria. Mi diverto a dire “Io non faccio karaoke!”. Quasi quasi mi faccio una t-shirt con questa frase stampata sopra… divertente ma allo stesso tempo verissimo!

Hai già ricevuto riscontri dagli artisti omaggiati nel tuo disco?
Fortunatamente per me, molti degli autori di queste gemme mi hanno fatto sapere che hanno apprezzato le mie interpretazioni, e questo per me significa il mondo. Dai Deep Purple agli autori di “Hotstuff”, la famiglia Cornell e Wild Cherry. Spero che uno di questi giorni Ed Sheeran ascolti la mia versione di “Shape of You”… incrociamo le dita!

Dove ti porterà il tuo percorso di crescita artistica dopo questo album?
Penso che in sala di registrazione siano stati prodotti diversi extra sufficienti a riempire un volume 2, ma prima ci sarà un altro nuovo disco di inediti… E’ ciò che sono… una persona che scrive guardandosi nell’intimo della propria anima, ma trovare un messaggio universale e senza tempo nelle canzoni degli altri sarà sempre una vera gioia per me, e spero anche per i miei fan!

Di Luigi Caputo

Idealista e visionario, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...