Era il 1962 quando le sorelle Giussani diedero vita al supercriminale in calzamaglia tutto italiano che continua a mietere colpi e a far impazzire Eva Kant

È un novembre freddo quello del 1962, in Italia una coltre di nebbia abbraccia il nord, oltreoceano si affacciano i primi numeri de L’incredibile Hulk e di Spiderman. Angela Giussani ha compiuto quarant’anni, ha un brevetto da pilota d’aereo, un passato da fotomodella e da un anno, nei pressi della stazione Cadorna a Milano, è nata la sua casa editrice: l’Astorina.

È dal genio dell’editrice meneghina che nasce il Re del Terrore: il primo novembre, al costo di centocinquanta lire, viene pubblicato il primo numero di Diabolik. 128 pagine che legheranno indissolubilmente i lettori agli occhi di ghiaccio e al passamontagna più famoso d’Italia: il fumetto va subito a ruba, sarà un successo internazionale destinato a diventare iconico e intramontabile.

Certo, Diabolik è un anti-eroe, e non è l’unico protagonista delle sue avventure: accanto a lui si aggiungerà Eva Kant, indipendente, intelligente, bellissima. Una donna che non è una spalla, ma partner nel crimine e nella vita di Diabolik. Una storia che ha il sapore di rivoluzione su ogni fronte, a partire dal contesto in cui nasce. Angela Giussani, donna forte e decisa, viene affiancata nell’avventura editoriale di Diabolik da una compagna fidata e indispensabile: sua sorella Luciana Giussani. Due donne straordinarie e diverse tra loro, indipendenti in un’Italia dove pilotare un aereo, guidare un’auto, fare impresa o scrivere un fumetto, per una donna non era poi così usuale.

 

DIABOLIK: LA GENESI DEL NOME CHE HA FATTO LA STORIA DEL FUMETTO ITALIANO

Il personaggio Diabolik è un gran successo, e le imitazioni non si fanno aspettare: i concorrenti più longevi sono Satanik e Kriminal. Non mancano nemmeno gli omaggi, Paperino si trasforma in Paperinik, si producono film, linee di giocattoli, videogiochi, e poi, come per ogni trionfo, montano le polemiche attorno al personaggio senza scrupoli ed alla altrettanto spietata compagna.

Diabolik porta il nome del diavolo, uno pseudonimo che però non suona nuovo nell’Italia dei primi anni sessanta.

Era il 25 febbraio 1958 quando il corpo senza vita di Mario Giliberti venne ritrovato in casa sua, una umile retrobottega di un ciabattino a Torino, ucciso da diciotto coltellate. Mario aveva ventisette anni, si era traferito da un anno a Torino da Lucera per lavorare alla fabbrica della Fiat. L’assassino aveva fatto una telefonata, lasciato un biglietto sul luogo del delitto, scritto una lettera sfidando gli investigatori in rebus e indovinelli. La firma? Diabolich.

Scrive a La Stampa: “Sono venuto di lontano per VIA – di compiere il mio delitto da non conFON – ondersi con uno qualsiasi. Ho studiato la cosa perfetTA -in modo da non lasciare traccia. NE – anche di un ago. Con il delitto è cessato inSI – eme l’odio per lui. Questa sera parto ore 20“. Lo scovate, l’indirizzo torinese dove è stato trovato oramai cadavere il giovane operaio della Fiat?

OGGI

Sono passati sessant’anni dalla prima uscita di Diabolik, le sorelle Giussani non smentiscono mai il loro coraggio, dentro e fuori le pagine del fumetto, prendono posizione e restano salde contro gli attacchi subiti. Scrivono fino alla loro morte: la maggiore, Angela, scompare nel 1987, Luciana nel 2001.

Il signore in nero, intanto, è apparso anche sul piccolo e sul grande schermo. Già nel 1968 Mario Bava dirige Diabolik, oggi altre due letture cinematografiche: nel 2021 ad indossare il passamontagna è Luca Marinelli per il Diabolik dei Manetti Bros, nel 2022 è invece Giacomo Gianniotti in Diabolik! Ginko all’attacco. Entrambi i film sono diretti, con ironia della sorte, da due fratelli: Marco e Antonio Manetti, per tutti e due Miriam Leone è Eva Kant, e l’ispettore Ginko è un riuscito Valerio Mastandrea.

È l’intensa voce di Diodato a inaugurare il secondo capitolo cinematografico:

Sarai questo bruciare per sempre
Questo crimine della mia mente
Più sei vicino e più capisco
Che tutto è tutto ciò che rischio

 

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