Che cosa significa “fare lezione“? Che cos’è “meglio“ per la classe e per la società, di cui la classe stessa è lo specchio? L’ultimo saggio dell’insigne giurista ci porta a riflettere su quello che è e dovrebbe essere la lezione: uno “spazio ove il flauto echeggia, dove una corda risuona nella nebbia“.

Una lezione non è un tram che vi porta da un posto all’altro. Ma è una passeggiata con gli amici“, scriveva il filosofo russo Pavel Florenskij nel 1917. E proprio come in una passeggiata, Gustavo Zagrebelsky ci conduce lungo le pagine del suo ultimo saggio, La lezione (Einaudi). Riportando l’attenzione su un tema tanto discusso quanto delicato, l’autore riflette, e noi con lui, sulle diverse componenti che creano la lezione, e il profondo impatto e legame che quest’ultima instaura con la società e la politica.

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La lezione è “una sorta di chiamata a raccolta attorno al sapere”, costruito con e nelle parole. Le parole che si sprigionano nell’aula – che non può conoscere porte chiuse- devono vibrare assieme, permettendo di conferire esistenza alla realtà, di “pensare il mondo in noi e noi nel mondo”. I rischi, tuttavia, sono molti. Ricordando i moniti giunti dalla storia, Zagrebelsky ci mette in guardia non solo dal potere ingannatore delle parole, che possono indurci all’equivoco, ma anche dal “privilegio” che il possesso delle parole rappresenta. Le disuguaglianze sociali vengono acuite se l’istruzione concede solo ad un’élite l’accesso alla totalità delle parole, lasciando esposti alle prevaricazioni chi non ne ha abbastanza per difendersi.
Così facendo, mette in discussione il sistema scolastico odierno, il quale permette alla ricchezza di accedere al privilegio dell’istruzione e di “aprire agli uomini le porte dello spirito”.

Un equilibrio delicato quello della lezione, dell’insegnamento. Se da un lato può condurci alla scoperta del mondo, dall’altro può ingannare; se permette alle persone di trovare un punto di incontro e scambio, allo stesso tempo può solcare i confini che le separano e allontanarle; se racchiude il potenziale di formare delle nuove generazioni capaci di produrre un pensiero “libero” e creativo, al contempo può ridurle all’immobilismo e all’omologazione, secondo la volontà del potere in carica; la lezione può essere usata per annientare lo spirito, l’identità e la coscienza, ma può anche divenire una grande forma di resistenza contro questo annientamento.
Questo delicato equilibrio deve essere protetto e curato, perché è proprio nella lezione, nell’aula, che avviene una parte importante dell’opera di edificazione sociale: “la scuola è il preludio della società che verrà”.

Il ruolo del professore, della scuola, e degli allievi stessi, è, pertanto cruciale. La scuola non può essere ridotta ad un freddo apparato burocratico: deve vibrare, sprigionare il potenziale degli alunni, stimolare verso l’autonomia e la conoscenza. Il legame con l’istituzione e la società esterna deve essere costantemente monitorato e controllato. Il rischio che gli interessi politici prevarichino sulla libera istruzione è sempre in agguato.

La lezione, dunque, vuole essere un monito, non solo per studenti e professori, ma per la società intera. Zagrebelsky ci avverte delle pericolose derive intraprese dal sistema scolastico contemporaneo e dalle insidie della modernità, che, invece di “unire”, tende alla separazione, verso un mondo iper-specializzato e frammentato.
Passeggiando assieme a noi, ci invita dunque a rispondere a questa domanda: “Che cos’è il meglio, per la classe e per la società di cui la classe è lo specchio?” Cosa distingue un’eresia da un’utopia? E, poiché di fronte a noi si trova “la scuola che c’è, non la scuola che vorremmo ci fosse”, è forse sbagliato coltivare un’utopia?
D’altronde, sono proprio i più grandi sognatori ad aver cambiato il corso della storia. Le loro parole, ripetute e strenuamente difese, hanno fatto sì che quelle utopie, inizialmente considerate eresie, trasformassero il mondo. La lezione deve, pertanto, continuare a nutrire questi sogni, a spronare gli allievi e i professori oltre i confini che la società, e noi stessi, ci poniamo. Non smettere mai di interrogarsi e di domandare; non smettere mai di guardarsi intorno e di scrutare oltre l’orizzonte.

Gustavo Zagrebelsky, LA LEZIONE, Einaudi, 2022.