Destrutturata e scomposta, una tragedia può svelare trame nascoste, riannodare intrecci fino a quel punto dissolti, riportare alla mente traumi remoti e misteri mai svelati. Destrutturata e scomposta, una tragedia può aiutare a riscoprire l’essenza dell’essere umano, che si fa solitudine e sofferenza e amplifica all’ennesima potenza dolori, vittime e tempeste che mai si placheranno nell’anima. Lo sa bene Orazio, cantastorie moderno e stralunato, che si presenta sul palcoscenico con il compito più arduo che gli potesse capitare. Vestito in grigio, con una camicia rossa che si lega ai bottoni della giacca, sembra un dj di tendenza in una festa borghese in un locale in, o un inviato d’assalto pronto a dare l’ultimo scoop in diretta su un tg locale. Ma è molto di più. Ha un obiettivo in mente e sa già che non potrà ottemperare al suo compito. Perché quello di mettere ordine in una vicenda tragica come quella di Amleto, l’eroe shakespeariano per eccellenza, appare a tutti un’impresa titanica. A poco o forse a nulla possono gli effetti speciali che emergono dalle casse di un computer pronto a restituire suoni e voci di un passato che si fa improvvisamente presente, trascinato da quel futuro metallico che non può però riportare alla vita chi non c’è più, ma forse aiuta a immaginarne il presente parallelo, in un gioco di rimandi che si fa beffa del tempo e delle stagioni e regala l’emozione di un cuore che batte cullato dal vento e in sincronia con la natura. E distanti, remote, assenti possono apparire per un attimo anche le doloranti ferite che mai si rimargineranno nell’anima.

Hamlet in pieces (materiali per Orazio, un computer a altre macchine) è l’ultima fatica di Ernesto Orrico, attore, autore e regista che da anni ormai calca i palcoscenici offrendo spunti e stimoli che oltrepassano il cliché del teatro tradizionale. Quello amletico è per lui un ritorno, nel senso che già nel 2003 aveva rappresentato Life’n Perspectives of an Hamletic Machine e nel 2004 Hamlet cuts, quest’ultimo ispirato alle ‘poesie scespiriane’ dell’indimenticato Marcello Walter Bruno. Tagli e cuciture, e poi ancora rimandi e suggestioni, sui passi del mistero senza tempo che avvolge la storia del principe di Danimarca alle prese con i propri umanissimi tormenti. Un’esperienza che oggi si ripete in una forma rinnovata, in una produzione di Teatro Rossosimona che ha debuttato il 6 Aprile 2024 presso lo Spazio Teatro di Reggio Calabria nell’ambito della rassegna “La casa dei racconti”. Noi abbiamo assistito alla seconda rappresentazione dell’opera, svoltasi Sabato 13 Aprile nel Teatro “Gambaro” di San Fili, un cuore artistico pulsante e resistente a due passi da Cosenza. Clima raccolto, pubblico attento ma vivace, completamente catturato da un’opera che ha saputo miscelare drammaturgia classica e sperimentazioni moderne. E lo ha fatto non solo attraverso l’utilizzo, diffuso ma non invadente, della tecnologia, ma anche per mezzo di un continuo gioco di ‘specchi verbali’, attraverso cui riportare alla mente l’opera di Shakespeare destrutturandola e scomponendola in un racconto apparentemente senza un filo conduttore, ma in realtà volto a scansionare eventi e personaggi sotto una inedita luce pronta a svelare trame e intrecci. Elsinore, città della Danimarca che si affaccia sul braccio di mare che la separa dalla Svezia, può diventare così una cittadina della Calabria incoronata dal mare. Analogamente, la vicenda che mette tragicamente di fronte il re Claudio e suo nipote Amleto può rivelarsi una faida familiare come quelle che la cronaca ci ha raccontato da decenni. E lo spirito dei personaggi, finora confinato nell’algido anfratto di una mente abituata a non stupirsi più, si può rievocare e far rivivere non solo nelle ansie di anime inquiete e desiderose di vendetta, ma anche nell’immaginare un destino alternativo per chi ha avuto una triste esistenza. E’ il caso di Ofelia, figlia di Polonio e sorella di Laerte, innamorata di Amleto, che il principe in preda alla follia vendicativa rifiuta e che, nelle suggestioni sulla scena di di Orazio, ci racconta la sua esistenza in riva a quel lago che per lei è diventato scenario di vita e non più terreno di morte. 

Orrico è abile a cavalcare la scena da attore navigato qual è, mai banale e scontato, dividendosi tra il ruolo di speaker e quello di narratore, ma anche tra quelli di regista e tecnico del suono, e moltiplicando la sua presenza sul palco in una recita mai uguale a se stessa. Perfetti i tempi di recitazione, perfetta la dinamica espositiva, tra “poesie, frammenti narrativi, partiture fisiche e vocali” – per citare l’autore – che si avvale delle musiche originali di Massimo Palermo e dei disegni di Raffaele Cimino che raffigurano le azioni salienti dei personaggi evocati su maxifogli. Prima appesi, poi esposti e infine dissolti sul palco spoglio e freddo, sono gli oggetti inanimati che accompagnano lo spettatore a porsi l’interrogativo che rende concreto il dubbio amletico ”To be or not to be: vivere o morire, uccidere o… cos’è il contrario di uccidere?”.

La piéce termina così, sospesa. E il lungo applauso finale che libera il pubblico e colpisce e commuove Orrico, rilascia tutta l’emozione di una rappresentazione davvero difficile da dimenticare, che restituisce la magia infinita di quel sogno chiamato Teatro.

 HAMLET IN PIECES, materiali per Orazio, un computer a altre macchine, di e con Ernesto Orrico, Teatro “Gambaro”, San Fili, 13 aprile 2024.

Musiche originali Massimo Palermo
Disegni in scena Raffaele Cimino
Luci Jacopo Caruso
Collaborazione artistica Vincenza Costantino, Manolo Muoio
Direttore di produzione Lindo Nudo
Ufficio stampa Franca Ferrami
Produzione Teatro Rossosimona

Le foto di questo articolo sono di Pietro Scarcello.

Ernesto Orrico – Attore, autore e regista. Ha pubblicato i testi teatrali ‘A Calabria è morta (Round Robin, 2008) e La mia idea. Memoria di Joe Zangara (Erranti/ La scena di Ildegarda, 2020); le raccolte di poesie Appunti per spettacoli che non si faranno (Coessenza, 2012), The Cult of Fluxus (Erranti, 2014) e Talknoise. Poesie imperfette e lacerti di canzone (Edizioni Underground?, 2018) e Canzoniere storto (Edizioni Underground?, 2022). Animatore di progetti di contaminazione tra musica e teatro (The Cult of Fluxus, Speaking and Looping), è autore dei testi e voce nell’album Talknoise con le musiche di Massimo Garritano (Manitù Records, 2018). Ha lavorato con Teatro delle Albe, Scena Verticale, Teatro Rossosimona, Zahir, Centro RAT, Teatro della Ginestra, SpazioTeatro, Compagnia Ragli.

 

Di Luigi Caputo

Idealista e visionario, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...