Gran successo di pubblico al Teatro Rendano di Cosenza nell’adattamento per la regia di Marco Tullio Giordana con Geppy Gleijeses nei panni del protagonista
Coscienza e inconscio sono due mondi paralleli ma indissolubilmente legati tra loro. Lo afferma la psicoanalisi, attraverso gli studi di Freud e Jung che influenzarono in maniera dirompente la letteratura europea di inizio Novecento. A differenza però delle opere di Robert Louis Stevenson (“Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”), Oscar Wilde (“Il ritratto di Dorian Gray”) e Franz Kafka (“La metamorfosi”), dove l’enfasi drammatica diventa preponderante, nella drammaturgia di Luigi Pirandello la crisi dell’individuo figlio del secolo breve si tramuta quasi in ironica macchietta e surreale follia. Ne è un esempio mirabile “Il fu Mattia Pascal”, l’opera che nel 1904 consacrò l’autore siciliano tra i drammaturghi più innovativi del panorama mondiale. Un esperimento narrativo originale e unico, in cui la maschera di umorismo grottesco si mescola con il gossip e il romanzo rosa generando un unicum narrativo dalla potenza artistica imprevedibile.
L’adattamento del capolavoro pirandelliano per la regia di Marco Tullio Giordana è andato in scena martedì 3 dicembre 2024 al Teatro Rendano di Cosenza, nell’ambito della rassegna “L’altro Teatro” ideata da Gianluigi Fabiano e Giuseppe Citrigno. Una produzione ideata da United Artists e Teatro della Toscana salutata con molta enfasi dal pubblico cosentino, che ha riempito il Rendano come ci si attendeva e ha riservato agli attori in palcoscenico applausi più che meritati. A raccogliere consensi è stato più di tutti Geppy Gleijeses, un’istituzione nel teatro contemporaneo. Di scuola eduardiana e di casa in Calabria sia per ragioni familiari che artistiche – sua mamma è originaria di Celico, è stato il fondatore del Teatro Stabile di Calabria – Gleijeses ha saputo condurre lo spettacolo con la maestria che gli è propria, incarnando a tutto tondo il protagonista e le sue grottesche peripezie. Fannullone, buono a nulla, capace di dilapidare un’eredità paterna che ad altri avrebbe permesso di godere di un’esistenza tranquilla, Mattia Pascal è archetipo di quella generazione di antieroi inetti in grado di rendersi protagonisti con le proprie inefficienze. Nel trastullarsi gigionesco della propria vita, è incapace persino di consolidare una relazione di coppia stabile, e viaggia tra una conoscenza e l’altra fino a complicare la linearità di rapporti che lo costringono a sfuggire a un presente troppo soffocante. Il suo allontanamento volontario dalla propria realtà lo porta a un eclissarsi definitivo, quando scopre che per uno strano gioco del destino familiari e conoscenti lo credono addirittura morto. Potrebbe così azzerare gli errori commessi fino a quel momento e ripartire con una nuova identità. Ma ad altri forse questo artificio riuscirebbe, a lui certamente no. E infatti, nonostante provi a farlo grazie anche alla fortuna ottenuta al gioco, che nella suggestione romana lo porta a diventare Adriano Meis, un nuovo nome che nessuno conosce e una storia tutta da inventare e da riscrivere, la beffarda azione del destino gli complica le carte, costringendolo all’unica via d’uscita che riterrà possibile, ancora una volta quella della scomparsa. Finge così il suicidio per riappropriarsi dell’identità perduta, quella originale, quella di nascita. Ma se per tutti Mattia Pascal è morto non potrà essere certamente lui a farlo rivivere. E’ così condannato all’oblio della propria identità perduta, e alla magra consolazione di poter portare fiori alla sua tomba. Un tragico scherzo che lo consegna nel Pantheon dei personaggi pirandelliani, capaci di interrogare e far riflettere lo spettatore davanti al dilemma esistenziale che porta a rappresentare una realtà alternativa, una sorta di sliding door che non offre che il dubbio come estrema ratio da abbracciare e con cui convivere.
La scenografia di Gianni Carluccio è volutamente scarna e limitata, probabilmente per offrire maggiore risalto ai personaggi che ruotano attorno alla girandola esistenziale del protagonista. Ottimo il cast, composto da Marilù Prati (sorella di Gleijeses), Nicola Di Pinto, Roberta Lucca, Giada Lorusso, Totò Onnis, Ciro Capano, Francesco Cordella, Teo Guarini, Davide Montalbano e Francesca Iasi. Perfettamente oliati i tempi di recitazione, grazie a una regia che pur non smontando l’opera la rilegge secondo canoni moderni, grazie al sapiente utilizzo del flashback che offre ritmo alla narrazione contribuendo ad aumentare la curiosità dello spettatore. Un’opera, insomma, classica e contemporanea insieme, come solo Pirandello sa essere.
La Rassegna “L’altro teatro” è realizzata con il supporto dell’amministrazione comunale di Cosenza ed è co-finanziata con “risorse PSC Piano di Sviluppo e Coesione 6.02.02 erogate ad esito dell’Avviso “Programmi di Distribuzione Teatrale” della Regione Calabria – Dipartimento Istruzione Formazione e Pari Opportunità – Settore Cultura”.
IL FU MATTIA PASCAL
dal romanzo di
Luigi Pirandello
libero adattamento di
Marco Tullio Giordana e Geppy Gleijeses
con
Geppy Gleijeses
con la partecipazione di
Marilù Prati
e con
Nicola Di Pinto, Roberta Lucca, Giada Lorusso, Totò Onnis, Ciro Capano, Francesco Cordella, Teo Guarini, Davide Montalbano, Francesca Iasi
regia
Marco Tullio Giordana
aiuto regia
Davide Montalbano
scenografia e luci
Gianni Carluccio
costumi
Chiara Donato
musiche
Andrea Rocca
produzione
United Artists, Teatro della Toscana
Idealista e visionario, ama l’arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia…