“Nostro imperativo morale è mantenere vivo il ricordo di quel giorno, contro la cultura della dimenticanza.”  (Pietro Grasso)

Storie di Sangue, Amici e Fantasmi, è una sorta di album dei ricordi, un regalo che il presidente Pietro Grasso fa alla memoria dei suoi colleghi e amici, i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il racconto delle vicende, delle vittorie e delle sconfitte, dell’esperienza vissuta in prima linea a loro fianco nella lotta contro Cosa Nostra.

Storie di sangue perché per tanti anni la storia della Sicilia è stata macchiata del sangue di quanti si sono opposti ad un sistema criminale di cui fino a poco tempo fa si negava l’esistenza; amici perché Grasso racconta i legami di affetto, quei “momenti di umanità” che andavano ben oltre la carica ricoperta e fantasmi, reali come lo era stato il boss Bernardo Provenzano per ben 43 anni prima di essere catturato, fantasmi come coloro che ne favorirono la latitanza, fantasmi da intendersi anche tutte le questioni rimaste ancora irrisolte e tutte le verità che Provenzano non ha voluto mai svelare.

“Il libro ha due strade d’accesso, una è emotiva, emozionale, empatica” spiega Roberto Saviano, che ha partecipato alla presentazione a Roma del libro, “una lettera a due persone e anche un silenzioso e dolorosissimo non detto: ‘perché a voi si e a me no”,” un “non detto” che si può cogliere spesso tra le righe, una domanda sottintesa eppure costante che lascia trapelare un sincero e sentito senso di colpa per essere sopravvissuto a quella tragica stagione. Pertanto, attraverso questa prima chiave a lettura, il libro di Grasso di pone come una necessità, una elaborazione di quel senso di colpa, un imperativo morale:

“Ho pensato che era un dovere trasformare questi ricordi, queste esperienze, queste sensazioni, queste storie di uomini, non solo di Falcone e Borsellino, in conoscenza collettiva. Uomini che sono capaci io credo, ancora oggi e questo è importante, di provocare una sorta di rivolta morale, uno slancio etico di cui abbiano tanto bisogno, di smascherate l’indifferenza, la rassegnazione, l’alibi di chi fa finta di non sapere, di chi non vuole sapere. Oggi non si può più dire ‘ io non so’. Oggi sappiamo. Io ti ho dato gli elementi di conoscenza, adesso rifletti e cerca di essere orgoglioso di quegli uomini e di rispettare la loro memoria cercando di seguire i loro valori e le loro idee”.

L’altra chiave di lettura è analitica a fa sì che quell’esperienza diretta, quel percorso personale quelle storie, quei ricordi diventino testimonianza storica e sociale utile a chi legge. Da questo punto di vista, il libro offre una sintesi precisa del dibattito avvenuto in Italia e non solamente, negli anni successivi alle stragi, è il racconto della nascita e dello sviluppo del pool Antimafia, la storia dettagliata di come venne strutturato e organizzato in soli due mesi il maxiprocesso, nonostante tutti gli ostacoli e le problematiche non solo di carattere strutturale ma derivanti anche dalla mancanza di strumenti sociologici e culturali adeguati ad affrontare un evento di tale portata.

Il maxiprocesso fu il primo caso di “giustizia spettacolo”, per la prima volta le telecamere entrarono nelle aule di giustizia e svelarono al mondo il volto o meglio i volti di quell’organizzazione criminale chiamata Mafia. Un momento storico che segnò una fase di cambiamento e una presa di coscienza collettiva: allora venne dimostrata (inequivocabilmente) l’esistenza di Cosa Nostra.

Il presidente Pietro Grasso preferisce evitare la retorica dei supereroi, vuole ricordare e raccontare Falcone e Borsellino nella loro umanità, “io preferisco vederli come dei fuoriclasse, dei grandi uomini che abbiano, però, caratteristiche tali che possiamo imitare: il senso del dovere, il senso dello Stato. Cittadini esemplari che siano d’esempio ai giovani.” Eppure Falcone e Borsellino eroi lo sono stati, proprio nella loro umanità. Perché ci vuole coraggio a rimanere fedeli alle proprie idee e ideali, continuare ad agire sempre nel pieno rispetto del diritto, a difendere quel senso dello Stato laddove questo coincide con senso di legalità e giustizia. Ci vuole coraggio e profondo senso del dovere per sopportare l’isolamento, le giornate blindate, le insinuazioni e le denigrazioni, il senso di colpa per il coinvolgimento della propria famiglia e degli agenti della scorta e nonostante tutto andare avanti, pur sapendo di essere un cadavere che cammina.

Grasso ricorda che le mafie non sono state sconfitte del tutto, c’è ancora tanto da fare, ci sono nodi da sciogliere e domande, tante, che necessitano di una risposta. Tuttavia si dice fiducioso perché negli anni successivi alle stragi si è potuto assistere allo sviluppo di una coscienza civile che ha determinato, per esempio, la nascita di associazioni antimafia come la Fondazione Falcone o Libera; ci sono cittadini che si rifiutano di scendere a compromessi con la criminalità e mettono a rischio la propria sicurezza così come quei giornalisti che svelano i segreti delle organizzazioni criminali e giovani volontari che lavorano nei terreni confiscati alle mafie.

“Sui tumuli di terra che li ricoprono dobbiamo inginocchiarci e promettere di fare tutto il possibile per continuare la loro opera, per cambiare, per rendere migliore questa nostra Italia a cui troppe volte non diamo l’amore che merita.” Per rispetto di noi stessi e di chi verrà dopo di noi.

 

Pietro Grasso, Storie di Sangue, Amici e Fantasmi, Feltrinelli, 2017

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