Un flusso creativo di parole e musica, un viaggio in equilibrio precario tra presente e possibile

Un corpus di parole sospeso tra urgenze poetiche, narrazioni interrotte e lacerti di canzone. È così che si presenta Talknoise, lavoro complesso, declinato in più facce, che vede Ernesto Orrico e Massimo Garritano cimentarsi in una prova originale e vibrante al tempo stesso. Artisti puri, che non hanno certo bisogno di presentazione, che uniscono i loro talenti per dar vita a un cd composto da 8 tracce, apparentemente slegate l’una dall’altra, in realtà alimentate da un medesimo flusso creativo, figlio di un’urgenza. L’urgenza di raccontare una realtà iperbolica e catalizzante, che parte da elucubrazioni semantiche (come questa, tratta da Se: “Se fossi una finestra, sarei quella che dà sulle scale, se fossi una scala, sarei una pentatonica suonata da Miles Davis…”) per trovare la propria eco in note di chitarra elettrica che generano melodie urlanti e distorte. Suoni che amplificano il disagio di anime inquiete che cercano risposte, e interrogandosi offrono stimoli continui all’ascoltatore, svegliandolo da torpori e passività in cui troppo spesso si trova rifugio grazie a ritornelli troppo concilianti.

Le parole di Orrico – attore, autore e regista teatrale talentuoso e militante – grazie alle note di Garritano – musicista virtuoso e sensibile – prendono così vita in un progetto nel quale la contaminazione è sia sonora che semantica. Parole e musica, monologhi e suoni, si fanno rumore. Un rumore che non è però fastidio né noia. Piuttosto, è inteso come provocazione, come risveglio improvviso da un letargo sempre controproducente e mai necessario. Talknoise è quindi un viaggio in equilibrio, un equilibrio precario costantemente in bilico tra “Tutto quello che non possiamo più avere” e “Tutto quello che possiamo ancora prendere” (per citare il commiato ad libitum di Un canto, traccia di apertura del cd). Un recitativo teatrale che va oltre i respiri di un monologo, e si fa dadaismo (come già in The cult of fluxus, lavoro di Orrico del 2014), trovando una forma di comunicazione nuova e originale, disarmante e dirompente al tempo stesso.

[amazon_link asins=’B07H9D8NVF,8894333647′ template=’ProductCarousel’ store=’notevertit-21′ marketplace=’IT’ link_id=’17073314-d9d1-11e8-9142-e3a5a39af379′]

Tra le tracce del lavoro, segnaliamo PPP e Dziga, dedicate rispettivamente a Pier Paolo Pasolini e a Dziga Vertov, figure di intellettuali storicamente capaci di scardinare le espressioni del potere con la penna o con la macchina da presa, armi ben più potenti di una pistola. E ancora, “La sconfitta perfetta“, disamina di una disfatta esistenziale, di un sogno ‘mandato al tappeto’ oltre il tempo e la storia, in cui sembra non esserci alcuna possibilità di riscatto. Fa quasi pensare alla nostra Calabria, ancorata a stereotipi triti e ritriti, e ci fa venire in mente un altro lavoro di Orrico, ’A Calabria è morta, canto rabbioso e provocatorio intriso di amore sconfinato per la propria terra d’origine. Proseguendo, un titolo come La sfortuna di avere un’opinione su tutto rimanda a quella sovrabbondanza di rumore (quello sì) che invade quotidianamente i social. Opinion leader improvvisati (“senza branchie“) che pontificano non solo di calcio e gossip, ma anche di economia e politica, in un mare magnum dove regna il caos più assoluto. Infine, Cosa sono diventato è figlia di quell’alienazione sperimentata dall’universo umano in un’epoca in cui la comunicazione è troppa, ma si comunica sempre troppo poco, e tutto sembra avere un prezzo. Tutto, tranne l’arte.

Ernesto Orrico e Massimo Garritano, Talknoise, Manitù Records, 2018.

(Foto: JpMat)

 

Di Luigi Caputo

Idealista e visionario, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...