Inventore del decollàge, l’artista di origini calabresi ha attraversato il Novecento come una delle figure più complesse della scena contemporanea

 

Gli anni compresi tra il 1956 ed il 1968 si sono fissati nella memoria collettiva come un periodo di profonde trasformazioni culturali, politiche e sociali. Sono stati gli anni dei miti, da Marilyn Monroe ad Elvis Presley, da John Fitzgerald Kennedy ai Beatles. L’arte visiva americana ed europea di quel periodo storico, più di ogni altra forma espressiva, ha registrato in modo mirabile, da testimone schietta ed efficace, questi mutamenti radicali nel costume e nel modo di vivere. Da New York a Parigi, da Hollywood a Londra, da Roma a Dusseldorf, si avvertiva quella che oggi lo storico dell’arte Thomas Crow definisce “l’emergenza di un nuovo clima estetico”. E fu l’avvento della pop art, un modo di essere oltre che di esprimere, che sfidava l’establishment nei mezzi e nelle forme, alla luce di movimenti cosiddetti “di protesta”, che facevano della difesa dei diritti civili, della controcultura, del pacifismo ad oltranza contro tutti i conflitti, in primis la guerra in Vietnam, il proprio vessillo culturale ed ideologico.

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Pierre Restany e Andy Warhol a Parigi negli anni ’60

Attraverso le varie avanguardie artistiche del periodo, dall’happening ai Situazionisti, al New Dada, al Noveau Réalisme, tutto ciò produsse un modo originale di esplorare i rapporti tra arte e politica cercando di destabilizzare il sistema e la sua retorica, eliminando ogni genere di distinzione tra performance ed arte visiva e sperimentando nuove forme di collaborazione. Con lo scorrere del tempo (la fine degli anni ‘50, ma soprattutto i sixties, che non a caso rimasero “favolosi”), gli artisti rispondono in vario modo alle pressioni dell’epoca, internazionalizzando le barriere divisorie innalzate dagli schieramenti politici in voga, e ripensando al nuovo ruolo dell’artista nella società, non più e non solo deputato a creare per il gusto, ma anche per l’esigenza di assegnare all’arte una nuova identità, cavalcando i linguaggi della provocazione e del dissenso e, spesso, attaccando frontalmente l’establishment culturale del momento. Una primavera artistica, insomma, destinata a segnare in modo inequivocabile gli anni a venire, rinnovando i gusti e le speranze per una società che si apprestava a cambiare il proprio volto, e che avrebbe fatto di slogan quali “la fantasia al potere” uno status acquisito all’indomani del Maggio francese.

Mimmo Rotella a Roma negli anni '50
Mimmo Rotella a Roma negli anni ’50

Tra i protagonisti di questo periodo, e tra le figure di massimo rilievo artistico dei decenni successivi, non si può non includere Mimmo Rotella, origini calabresi (era nato a Catanzaro nel 1918) ma cosmopolita nell’animo. Dopo le esperienze in Francia e negli Stati Uniti che lo avevano avvicinato alla pittura sperimentale e alle nuove correnti artistiche, da Pollock a Twombly, da Oldenburg a Kline, tornato a Roma nel 1953, vive appieno l’epoca di grande fermento socioculturale che sboccerà nella dolce vita immortalata da Fellini qualche anno più tardi. Si fa notare per i grandi cappelli da cowboy e l’imitazione dell’americano yankee con la quale diverte gli amici di cui si circonda: tra essi c’è Steno, che non a caso sfrutterà il personaggio creando un mito: il Nando Moriconi di “Un americano a Roma”, che consacrò Alberto Sordi. Ma ecco la scoperta del manifesto pubblicitario come espressione artistica. Nasce il décollage, ottenuto incollando sulla tela pezzi di manifesti strappati per strada, adottando il collage dei cubisti e contaminandolo con la matrice dadaista e dissacratoria dell’objet trouvé. Nel corso del 1955, a Roma, in una mostra intitolata “Esposizione d’arte attuale“, fa il suo esordio il ‘manifesto lacerato ‘.

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“Casablanca” (Mimmo Rotella)

Nel 1958 incontra il critico francese Pierre Restany, teorico del Nouveau Réalisme, con il quale inizia un lungo sodalizio. Nello stesso anno, realizza la serie Cinecittà, in cui rende omaggio ai volti più noti del grande schermo. Negli anni ‘60 prosegue con successo la sua produzione artistica, influenzata dalla Pop-Art e dall’Espressionismo astratto americani, insieme all’Informale ed alle ricerche spaziali e materiche svolte in Italia da Burri e Fontana. La stampa, intanto, si interessa sempre più al fenomeno dell’Affichisme. Di questi anni sono la storica mostra “À 40° au-dessus de Dada” (1961), curata a Parigi da Restany, un intervento alla School of Visual Arts di New York (1962) e la partecipazione alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia (1964). Nel 1965, a Parigi, comincia ad elaborare il Reportage, un procedimento di produzione seriale mediante la proiezione di immagini in negativo su tela emulsionata.

La celebre 'Marilyn' di Rotella
La celebre ‘Marilyn’ di Rotella

Il decennio successivo si apre con gli Art-typo, prove di stampa scelte e riprodotte liberamente sulla tela: con questo procedimento, Rotella si diverte ad accavallare e sovrapporre le immagini pubblicitarie, dichiarando di voler reintegrare ciò che aveva prima disintegrato. Nel 1972 viene pubblicata una sua audace autobiografia dal titolo “Autorotella“. Intanto, prosegue la sua attività di sperimentazione artistica sui manifesti pubblicitari, ora trattati con solventi e ridotti allo stadio di impronta (frottage), ora cancellati (effaçage), ora accartocciati e chiusi in cubi di plexiglas. Nel 1975 nascono le “Plastiforme“, manifesti strappati posti su supporto di poliuretano con l’intento di conferire loro una dimensione tridimensionale. Nello stesso anno Rotella incide un disco di poesie fonetiche con la presentazione di Alfredo Todisco, e nel 1976 partecipa al “Recital Internazionale di Poesia Sonora – Poesia Azione” all’atelier Annick Le Moine.

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Sophia Loren ‘vista’ da Rotella

Nel 1980 si trasferisce a Milano, e qui inizia a produrre le cosiddette “blanks” o coperture d’affiches, ovvero manifesti pubblicitari azzerati, ricoperti da fogli bianchi. Nel 1984 realizza il secondo ciclo di opere dedicate al cinema, che intitola Cinecittà 2. Nel 1986 è a Cuba, dove espone presso l’Università dell’Avana e si esibisce in una performance sulla lacerazione di manifesti nella piazza della città. La fine degli anni ’80 è caratterizzata dalle sovrapitture: interventi ispirati al graffitismo, su manifesti pubblicitari lacerati ed incollati su tela o su supporto metallico in lamiera. Nel 1990 espone al Centre Pompidou di Parigi nella mostra “Art et Pub” e al Museum of Modern Art di New York in “High and Low“. Nel 1991 sposa Inna Agarounova, una giovane economista russa che nel 1993 darà alla luce Asya. Nel 1992 riceve da parte del Ministro della Cultura francese, Jack Lang, il titolo di Officiel des arts et des Lettres. Successivamente espone al Guggenheim Museum di New York (“Italian Metamorphosis“, 1994) ancora al Centre Pompidou di Parigi (“Face à l’Histoire“, 1996) e al Museum of contemporary art di Los Angeles (“Halls of Mirrors“, 1996). Sempre nel 1996, l’inaugurazione di una sua mostra, primo caso in Italia, viene diffusa on line su Internet.

Nel 1997 realizza “Felliniana”, un ciclo dedicato alle opere di Federico Fellini, mentre nel 1999 il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo, con un’ordinanza municipale lo autorizza alla libera defissone di manifesti dal territorio cittadino. Nel 2000 viene costituita a Catanzaro la Fondazione Rotella, un interessante progetto culturale inteso a promuovere le opere dell’artista e la conoscenza dell’arte moderna. La Fondazione, alla cui direzione è chiamato Piero Mascitti, debutta su Internet con un portale web presentato nel marzo 2001 a Parigi, in occasione della rassegna Les Annès Pop, che ospita alcune sue opere, tra cui la celebre Marilyn. Tra il 2001 e il 2005 prosegue senza sosta l’attività artistica del maestro calabrese. Sono di questo periodo la copertina per l’inserto dei 125 anni del “Corriere della Sera”, mostre in lungo e in largo per l’Europa e oltreoceano, dove le opere di Rotella continuano a riscuotere riconoscimenti ed apprezzamenti, ma anche un rinnovato interesse verso forme d’arte a tutto tondo: ne è l’esempio l’istituzione da parte della Fondazione, del Premio Open riservato al miglior regista esordiente della rassegna cinematografica di Venezia.

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Mimmo Rotella nel 2000

Fin qui la biografia di un artista sicuramente da annoverare tra i più importanti del Novecento. Mimmo Rotella è stato un personaggio a tutto tondo, una figura eccellente e geniale difficile da inquadrare in un’ambito espressivo: i suoi lavori, pur strizzando sempre l’occhio alla realtà, hanno elevato la stessa agli altari dell’eterno, in un gioco di contaminazioni che ha trovato nello strappo l’emblema di un rinnovato amore per l’arte, quella stessa arte che, intrecciandosi con la storia, la plasma e la rende migliore.

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