Milano ospita fino a settembre un’ampia selezione di oltre 100 opere dell’artista spagnolo realizzate tra il 1931 e il 1981
Joan Mirò è una delle personalità più illustri della storia dell’arte moderna. Il suo lavoro è strettamente legato al surrealismo e alle influenze che poeti ed artisti appartenenti a questo movimento esercitano su di lui negli anni venti e trenta. È grazie a loro che Mirò scopre l’esigenza di fondere insieme poesia e pittura, sottoponendo la sua produzione artistica ad un processo di semplificazione che richiama l’arte primitiva. Al tempo stesso crea un nuovo vocabolario di simboli, strumento utile per raggiungere una nuova percezione della cultura materiale.
La mostra Joan Mirò “La forza della materia”, che rimarrà in permanenza al MUDEC di Milano fino all’11 settembre 2016, ci mostra, attraverso un’ampia selezione di opere realizzate tra il 1931 e il 1981, l’importanza che l’artista ha sempre dato alla materia, non solo come strumento per apprendere nuove tecniche, ma soprattutto come entità fine a se stessa.
Le oltre 100 opere esposte, che provengono dalla Fundaciò Joan Mirò di Barcellona, creano un percorso cronologico, diviso in 4 sezioni, che ricostruisce la storia e la produzione artistica di Mirò. Musiche, video e postazioni di realtà virtuale aiutano il visitatore ad immergersi totalmente nell’opera dell’artista.
Prima sezione: La gestazione di un nuovo linguaggio
A metà degli anni venti, sotto l’influenza degli amici poeti che si lasciano incantare da parole a caso, Mirò comincia a sperimentare, dipingendo su supporti inusuali. Questi tentativi lo persuadono ad andare oltre la pittura tradizionale, tanto che pochi anni più tardi esprime il desiderio di “assassinare la pittura”. Per raggiungere questo obiettivo inizia a lavorare usando qualunque tipo di tecnica e qualsiasi superficie e, pur non lasciando mai completamente da parte la pittura, dipinge solo opere di piccolissimo formato. Durante gli anni delle guerre Mirò ricorre al disegno come strumento di denuncia e usa un supporto comune come la carta per definire il suo linguaggio dei segni, senza però rinunciare ad esplorare avidamente le possibilità offertegli dalla materia.
Seconda sezione: La libertà del gesto pittorico e la materialità dell’oggetto
Nel 1956 la Spagna sotto il regime franchista vive ancora anni di repressione. Mirò si trasferisce a Palma di Maiorca, dove l’amico architetto Josep Lluìs Sert gli ha progettato un studio. Joan Mirò continua ad usare il vocabolario di forme concepito all’inizio degli anni quaranta, nel quale donne, costellazioni ed uccelli dominavano la composizione e davano il titolo al quadro, ma rende tali forme più grandi ed individualizzate. Alla fine degli anni sessanta il legame con la cultura surrealista e il costante interesse per la materia lo spingono a dedicarsi alla scultura in bronzo; utilizzando la tecnica della fusione a cera persa crea nuove forme, che derivano dall’assemblaggio di oggetti quotidiani.
Negli anni settanta, Mirò estende il suo vocabolario di segni alla raffigurazione di immagini reali. Continua a creare opere su tela che richiedono al pubblico maggiore attenzione, non smette però di interrogarsi sul significato della pittura. Nel 1974 l’artista compie 80 anni e il Gran Palais gli dedica una retrospettiva. Mirò, benché anziano, approfitta dell’occasione per presentare alla mostra un gran numero di opere nuove, che mettono in discussione l’essenza stessa della pittura. L’artista sottopone la sua opera a pratiche poco ortodosse: brucia, lacera e fora la tela; impiega i supporti più insoliti come assi di legno, carta vetrata… Dissacrando la pittura non vuole solo provocare lo spettatore, ma anche esprimere i suoi dubbi sul valore economico delle opere d’arte.
Quarta sezione: La potenza espressiva delle incisioni
L’importanza attribuita da Mirò alla materia lo spinge a dedicarsi ad altre tecniche espressive, come la scultura, l’arazzo e l’incisione. Nel campo dell’incisione dapprima cerca di approfondire le possibilità offerte dall’acquaforte e dall’acquatinta, per poi introdurre alla fine degli anni sessanta il carborundum, un procedimento con cui riesce a potenziare il tratto e ad arricchire la materia. Da un punto di vista umano e sociale l’opera grafica di Mirò coincide con alcuni obiettivi perseguiti nell’età matura: litografie e incisioni raggiungono una diffusione più ampia dei dipinti. Lavorando insieme agli artigiani l’artista rinuncia alla sua individualità, seguendo l’esempio dei maestri dell’antichità da lui sempre ammirati.
Il percorso espositivo si conclude con la video-installazione “inafferrabile caduta” ispirata ai colori, ai materiali e alle tecniche utilizzate dal maestro.
JOAN MIRO’ – LA FORZA DELLA MATERIA