Abbiamo intervistato la regista, attrice e produttrice statunitense di origine calabrese, molto legata alla terra dei propri genitori, e desiderosa di raccontarla. “I calabresi non dovrebbero rassegnarsi alla realtà”, dice
Rivendicare le proprie origini è privilegio di pochi, e non sa di provincialismo. Non significa accettare tutto ‘tout court’, e, specie se si vive lontani dalla propria terra, aiuta a giudicarla dalla giusta distanza, e a descriverla con gli occhi di un osservatore privilegiato, che sa di non poter essere facilmente condizionabile. Lucia Grillo è una attrice, regista, produttrice e modella statunitense. Il cognome non tradisce le origini calabresi, di cui va fiera, e che porta nel suo lavoro, in teatro, televisione, cinema e pubblicità. Laureata alla New York University, è fondatrice di Calabrisella Films, casa di produzione con la quale realizza tra l’altro “Testardi: calabresi a New York“, documentario in cui dà voce a diversi personaggi illustri della cultura e della politica, di origine calabrese, che vivono negli States
Abbiamo avuto modo di conoscere Lucia Grillo a Cosenza, nel corso della presentazione del suo documentario. L’abbiamo ricontattata a New York, mentre sta sviluppando il suo primo lungometraggio d’autore, “Na calma tigrata”, ambientato tra Calabria, Roma e New York.
Lucia, da dove deriva la scelta di fare un film sui calabresi a New York?
Dall’essere ‘calabranewyorkese’. Nonostante sia nata e cresciuta a New York, vengo in Calabria da quando avevo sei anni e la mia prima lingua, insieme all’inglese, è stata il dialetto dei miei, che erano nati in Calabria. Un giorno mi ero accorta che più diventavo “Americana”, più perdevo questo senso d’identità ed il legame con le mie radici, ovvero tutto quello che avevano vissuto i miei. Allora, per conservare un po’ la storia degli emigrati e la loro lingua, ho cominciato a scrivere, produrre, dirigere, ed interpretare film “made in Calabria” con due cortometraggi molto apprezzati – “A pena do pana” (vincitore RIFF, trasmesso su La 7) e “Ad Ipponion” (Selezione Ufficiale Cannes Court Métrage). Tornando negli USA sono stata assunta come produttrice e conduttrice di “Italics”, l’unico programma TV dedicato da quasi 30 anni alla’esperienza italoamericana che va in onda sulla CUNY TV, prodotto dal Calandra Institute, l’istituto di ricerca sulla storia italoamericana. Insieme al Calandra, con Calabrisella Films ho prodotto il mio primo documentario, “Terra sogna terra”, sul legame degli emigrati italiani (con particolare attenzione ai calabresi, in particolare mio padre, mio nonno e alcuni miei zii) sia con la terra intesa come ‘suolo, terreno’ sia con la Terra intesa come il nostro pianeta. Nel 2012, Laura Caparrotti, che stava organizzando “Calabria Day USA”, mi ha proposto di fare un documentario da proiettare nella giornata e da diffondere in live streaming in Calabria. Così, con la mia Calabrisella Films con l’istituto Calandra come “sponsor” per la seconda volta, ho deciso di fare “Testardi: calabresi a New York”.
Cosa percepisce della Calabria vivendo così lontano?
Tutto e niente! Forse un po’ per questo ho fondato la Calabrisella Films, per potere indagare. Probabilmente l’indicazione più grande che ho mai avuto è stata durante la preproduzione di “Ad Ipponion”: avevo scritto su un sito di calabresi cercando di coinvolgere come assistenti di produzione dei giovani interessati a fare cinema. Tra gli altri, mi colpì la risposta di un ragazzo, che arrabbiatissimo mi scrisse: “Voi venite da Hollywood a sfruttare noi calabresi”… e così via. Gli ho risposto e dopo una nostra corrispondenza, gli ho promesso che gli avrei inviato un’anteprima privata del film. Ho mantenuto la mia promessa. Per un po’ di tempo non l’ho sentito, così gli ho scritto e finalmente mi ha risposto: “Cosa vuoi che ti dica? Fai film su cose che noi viviamo”. Mi è stato detto che conosco la Calabria “meglio di noi calabresi”, e anche se per me è un complimento grandissimo, non so se ciò sia vero… bisogna guardare i miei film e farmi sapere! Forse, se è vero, sarà perché, non vivendo nel posto nel quale si indaga, si riesce a vedere le cose obiettivamente. Nel mio caso, però, ci sarà anche un po’ di componente emotiva, perché porto la Calabria dentro di me e sarà presente anche nei miei film.

Corrado Alvaro ha scritto che ‘la dignità è il lato positivo dei calabresi’. È d’accordo? E qual è secondo lei il loro lato negativo?
Direi proprio di sì. Il lato “negativo” dei calabresi è forse quello di ogni altro popolo: quello di non accorgersi delle proprie potenzialità, di rassegnarsi alle cose e dare per scontato che il sistema attuale sia “come stanno le cose” e di non puntare più in alto e lottare per una società migliore. Però questo non per dare colpa: è proprio il sistema che fa sì che le persone rimangano in queste condizioni. Quindi tocca a tutti noi – calabresi e non – di rompere i modi di fare che ci impediscono di migliorare. Mi chiedo cosa direbbe Corrado Alvaro in proposito…
Essere testardi è secondo lei un pregio o un difetto?
È un pregio nel senso della forza e della determinazione. I calabresi sono in gambissima, la Calabria ha una storia immensa e una grandissima cultura. È un difetto nel lasciare che le forze dannose continuino a comandare e a rovinare l’ambiente, sia quello sociale che quello naturale. Dovremmo utilizzare la testardaggine intesa come un pregio, come voglia di non mollare mai, per combattere le conseguenze della testardaggine ‘nociva’, quella cioè figlia dell’ostinazione a non voler cambiare le cose.
Qual è la sorpresa più grande che ha avuto dopo aver terminato il film? Ci sono stati dei cambiamenti nel suo modo di percepire i calabresi?
Dopo ogni mio film c’è sempre la sorpresa che piace! No? Perché c’è sempre la paura di non coinvolgere. Dopo “Testardi” mi aspettavo – anzi, noi, io e Laura (Caparrotti, Nda) non ci aspettavamo la risposta che abbiamo avuto durante la settimana di proiezioni in Italia. Non solo siamo stati accolti in posti culturalmente di rilievo – dal Teatro dell’Acquario a Cosenza all’Apollo 11 di Roma – per il discorso intellettuale, per l’impegno sociale – tutto poi, organizzato da amici che hanno quegli stessi valori, da Loredana Ciliberto a Ernesto Orrico – ma i dibattiti seguiti ad ogni proiezione sono stati molto partecipati. Ho notato molta voglia di informarsi per capire l’esperienza del fenomeno dell’immigrazione, di stretta attualità per la presenza di molti fratelli e sorelle di origine africana qui in Italia. Non è cambiato niente di come percepisco i calabresi, solo è divenuta più forte in me la voglia di realizzare nuovi progetti cinematografici e televisivi “Made in Calabria” (ne ho due attualmente in sviluppo), perché credo che vi sia una vita piena di storie da raccontare. Un’altra cosa che si era affermata è che gli italiani del Centro-Nord – Roma compresa – non sanno niente del Sud, e che tutti gli italiani devono cominciare a studiare la diaspora italiana, che fa parte della vostra storia, e di cui non sapete niente! Non siamo “italiani di secondo grado” o “finti italiani”. E su questo vi dovete aggiornare! Specialmente se volete capire il presente (anche politicamente del mondo, degli USA, di cosa significa una società nella quale uno come Trump può ascendere al potere e cosa significa per i “non-americani”) – e il futuro (dell’Italia, del mondo)….

Quali sono stati i personaggi intervistati in ‘Testardi’ che l’hanno colpita di più?
Max Cassella (attore americano di origine calabrese che ha recitato tra l’altro ne “I Soprano“) e Antonio Monda (scrittore e critico cinematografico). Max perché si considera semplicemente un’essere umano e ha nessun legame con la Calabria: vorrebbe visitare la Calabria e conoscerne la cultura, ma non ha nessuna idea di cosa significhi essere “italiano” o “calabrese”. Antonio perché è molto fiero di essere calabrese e sfida l’immagine stereotipo del calabrese, su diversi livelli, anche su quello di emigrato italiano a New York, di italoamericano.
Cosa direbbe a chi governa la Calabria oggi?
Potrei dire: “Dateli a me quei milioni che avete ‘mandato indietro’ nel nulla, che faccio un film, o meglio, che li gestisco io per fare qualcosa di costruttivo in Calabria”, cosa che sarebbero capaci da fare tantissimi persone lì… Guarda, il programma televisivo che produco è finanziato dallo Stato. Ogni anno noi impiegati dobbiamo trattenere il fiato finché non è approvato il budget, che significa possiamo tenerci il lavoro per un’altro anno. Se il budget ci permette qualcosa in più, dobbiamo spenderlo tutto, altrimenti va “mandato indietro”. Mandato dove? Alle scuole? A non abbattere degli ospedali? A dare da mangiare a quelli che non hanno da mangiare? A finanziare l’aborto o a fornire la pillola? Dove vanno questi soldi? Questi sono finanziamenti di Stato, quindi ottenuti dalle tasse pagati dai lavoratori. Questo a New York. La Grande Mela. In America. La mitica America dove si pensa non manchi niente a nessuno. Ho un computer in ufficio “vecchio” ma funzionante che non uso più. Posso donarlo a qualcuno? No. Posso solo farlo rimanere lì o buttarlo nei rifiuti. Sono costretta a comprare dei mobili per l’ufficio da delle aziende che usano dei prigioni come campi di lavoro, i prigionieri vengono pagate tra $0.23 e $1.15 all’ora. Cosa dovrei dire a quelli che governano la Calabria? Viviamo tutti sullo stesso pianeta.
E cosa direbbe invece a una giovane calabrese che vuole abbandonare la propria terra perché non vi trova un lavoro?
Questa è una questione difficile e molto complicata, non solo per me, ma in generale. In questa società, se un essere umano vuole sopravvivere, deve trovare un modo di guadagnare. Possiamo dire: la terra è la terra e dunque non appartiene a nessuno? Ma questo è molto filosofico e non serve alla realtà. Una delle ragioni per cui sono diventata regista era per fare capire che nessun angolo del mondo è diverso fondamentalmente da un altro, nel senso che viviamo in un sistema che costringe delle persone, per pura sopravvivenza, di strapparsi non solo dalla propria terra ma dalle persone cari, le persone a cui vogliano bene e a chi amano. Anche io, da newyorkese di prima generazione, vivo questa cosa visceralmente, sento lo strappo violento delle radici e l’effetto che ha avuto su i miei cari, anche l’effetto sulle nostre sorelle e fratelli di ogni etnicità, religione e orientamento sessuale, specialmente ora con l’agenda fascista di Trump. …Ironia della sorte, proprio in Calabria, da dove molta gente è partita per la speranza di un futuro migliore altrove, assistiamo all’arrivo, per lo stesso motivo, delle nostre sorelle e fratelli dall’Africa…! Direi alla giovane calabrese: vai, se devi, vai, ma non scordarti e soprattutto, tu che capisci cosa significa, studia la strategia per arrivare ad una società senza oppressione e lotta per una società nella quale nessuno più sarà costretta a fare questa scelta.
Quali sono i suoi progetti per il futuro?
Per il futuro in generale, lottare contro la presidenza di Trump e tutto ciò che accadrà sotto il suo regime, che è veramente fascista (e non sto usando il termine con leggerezza!) e i democratici Obama, Clinton, lo stanno sopportando e stanno chiamando il popolo a sopportarlo, cosa allarmante e profondamente pericolosa. Sto lavorando con RefuseFascism.org. Per i miei futuri progetti cinematografici e televisivi, sto sviluppando un lungometraggio da una mia sceneggiatura originale, e una miniserie televisiva basato sul libro “Umbertina”, il libro più importante della letteratura “femminile” – e femminista – italoamericana. I due progetti sono ambientati tra la Calabria e New York, con puntate anche a Roma.
NoteVerticali è un magazine culturale che si occupa di cinema, ma anche di musica e letteratura. Se ‘Testardi’ fosse una canzone, che canzone sarebbe? E se fosse un libro?
La Calabria è un libro – un libro di storia, un romanzo, una poesia epica, un quaderno con delle pagine bianche ancora da raccontare. La Calabria è una canzone: i suoni dei mari Tirreno e Jonio, il fruscio delle foglie sugli alberi in Aspromonte o in Sila, il suono eolico dello Scirocco, lo strillo dei mercanti, le chiacchiere delle vecchiette e le loro saggezze, il silenzio pacifico del cielo calabrese aperto al mondo intero durante le pause di nota. Perciò faccio cinema in Calabria.
Idealista e visionario, ama l’arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia…