Nuovo disco per il cantautore di Fidenza. Dieci canzoni orecchiabili in un lavoro che ha il tempo come filo conduttore.

C’è stato un momento, qualche lustro fa, in cui la musica di Dente faceva da personalissima colonna sonora alle giornate di chi scrive. Una scoperta fatta quasi per caso, attraverso qualche concerto, il tam tam dei social e soprattutto di Youtube. Canzoni orecchiabili, acustiche, che suonavano bene e che raccontavano con semplicità, disincanto e una gran dose di ironia la vita di un giovane adulto degli anni 2000 alle prese con i problemi di cuore e le piccole gioie di un’esistenza tutto sommato tranquilla. Questo più o meno fino a Io tra di noi, del 2011, che confermava le belle sensazioni di Non c’è due senza te (2007) e L’amore non è bello (2009) e che poneva Dente nella rosa dei nomi più interessanti del panorama indie italiano.

Con Almanacco del giorno prima (2014), primo disco prodotto da una major (RCA/Sony), le attese però erano state soddisfatte a metà. Il disco era carino, ma, bisogna ammetterlo, non aveva lasciato il segno come i precedenti. Troppa malinconica ricerca interiore, troppa lentezza nelle melodie, un senso di smarrimento che aveva fatto storcere un po’ il naso. Passati quasi sotto traccia Canzoni per metà del 2016 e l’omonimo Dente uscito per eccesso di sfiga alla vigilia della pandemia, nel gennaio 2020, da qualche settimana stiamo riascoltando il buon Giuseppe Peveri con nuove canzoni, preludi di un nuovo disco, uscito il 7 aprile 2023, che si chiama Hotel Souvenir e che sembra voler far ritrovare un vecchio amico che si era perso per strada. Poesia malinconica che traspare limpida, senza tralasciare quel pizzico di sana ironia che sembra essere ormai un marchio di fabbrica per il cantautore originario di Fidenza:

Sono uscito dalla nebbia,
dalla galera,
dal ventre della balena
in abito da sera…

La vita fino a qui, che si avvale del featuring di Carlo Corbellini dei Post Nebbia, è il primo singolo estratto dal disco e suggella una summa di tutte le tematiche che di lì in avanti ascolteremo. Su tutto, domina un velo di sopita malinconia che avvolge l’ascoltatore in un torpore tipico dei risvegli di inizio primavera. Quelli in cui apri gli occhi con il canto degli uccelli, ma che fai fatica ad alzarti perché fuori dalle coperte fa ancora freddo. Assieme a lei, la nostalgia verso un passato fatto di desideri, di sogni, di speranze, come canta in Dieci anni fa dove, inevitabile, accanto a una dichiarazione d’intenti che fa parte da sempre della poetica dentiana:

Io penso ai grandi numeri delle piccole cose
A quanto sono violente certe parole

si affaccia il rimpianto:

Davvero mi capisci
Si mi ricordo volevi dei figli

che stride con un presente di rinunce e rassegnazione, dove è inutile persino provare a lottare per una riconquista:

Per non vedere che vai via volto le spalle al vento
Per non sentire che vai via mi chiuderò dentro
e forse starò meglio…

Da uno che trova sexy il fallimento, come canta ne L’abbraccio della Venere, dove c’è anche il tempo per una pseudo-citazione di un classico del pop italiano anni 70:

Per un’ora da sola non so cosa darei
io per un’ora con te so che cosa farei

c’è da aspettarsi questo e altro.

Musicalmente parlando, Cambiare idea, brano firmato a quattro mani con Federico Nardelli, produttore del disco, dove emerge il tema della solitudine e del rimpianto per un amore lontano e perduto, è la traccia del disco che a nostro parere raccoglie un respiro più ampio. Ciò grazie a un arrangiamento che si avvale di un timbro classico impreziosito dagli archi e da un assolo di chitarra elettrica raro quanto brevissimo prima di abbandonarsi al pianoforte, dominante anche in questa come in quasi tutte le canzoni. Anche la voce di Dente qui sembra più convinta, specie quando si apre nell’inciso che resta in mente:

E non importa se dovrò piangere tanto,
se sarà tutto un altro mondo
e se dovrò cambiare idea,
no, non importa se dovrò piangere tanto,
sarà l’inizio della fine del mondo,
ma dovrò cambiare idea
persino su di me,
persino su di me…

A ben vedere, è il tempo il filo conduttore delle canzoni dell’album. L’Hotel Souvenir del titolo è quel luogo in cui abitano i ricordi, non offuscati dagli anni ma anzi impreziositi dalla nostalgia per momenti che non torneranno più. Ma dove va a finire il tempo che passa? si canta in Allegria del tempo che passa, terza traccia dell’album (firmata da Dente con Ramiro Levy e Daniel Plentz), una bossanova moderna che ospita i Selton, gruppo folk rock brasiliano residente a Milano, e dove forte è l’influenza carioca (l’inizio sembra Oh que serà di Chico Buarque De Hollanda) che serve a dare una connotazione di disincanto al testo, per il resto imbevuto dello stesso ‘liquido’ che avvolge il disco:

Passa anche la poesia
come una cometa che lascia la scia
e se sto bene solamente se sto male
quello che mi resta è la malinconia
ma che cosa vuoi che sia…

Stessa connotazione per Discoteca Solitudine, la traccia seguente (firmata anche stavolta con Federico Nardelli), forse quella più debole di tutto il disco se non fosse sostenuta da un ritmo che occhieggia alla dance e che si propone come molto radiofonico anche nel passaggio dalla strofa al ritornello:

Vieni con me a vedere la mia solitudine,
ti porto con me a vedere la mia solitudine…

Il ritmo resta alto in Un anno da dimenticare, dove anzi l’arrangiamento dell’inciso ha punte bacharachiane. Nel testo il brano sembra far acquisire all’autore maggiore consapevolezza di sé, con una punta di disincanto e di fatalismo:

Amico mio,
prendila come viene,
prendila come va,
che non lo puoi sapere come finirà…

L’ironia attraversa tutta Presidente, che con leggerezza prova a costruire un’invettiva zuccherosa verso il potere, quello che impedisce ogni libero arbitrio in una società fatta di grigie consuetudini:

Quando sarò presidente
sarà vietato solamente
quello che non si fa,
senza bisogno di un abbonamento
nel cielo soffierà il vento,
ma nessuno lo vedrà
e chi non vuole stare attento
potrà farlo anche in silenzio…

ma anche di tristi convenzioni:

Si balleranno ai tropici
i ritmi tropicali…

Ma non si pensi che qui – dove, pur se accennato, sussiste un desiderio di proiettarsi verso il futuro migliore – possa mancare il riferimento malinconico delle altre tracce. Il brano, che presenta nel testo un rimando sia pur superficiale all’eutanasia (Invocherò la pace anche per chi tace e per chi non ce la fa…) si conclude con una frase (Il presente passerà) ripetuta ad libitum, come a voler suggellare ancora una volta il rifiuto per il tempo attuale e il desiderio di giornate diverse da quelle correnti.

Il mondo con gli occhi, penultima traccia, è una festa di due minuti e mezzo: le voci di Fulminacci, Giorgio Poi, Colapesce, VV (Viviana Colombo), Ditonellapiaga e Dimartino si uniscono a quella di Dente per confezionare un divertissment musicale che è un inno alla voglia di vivere con l’innocenza e l’immediatezza dei più piccoli:

Mi sveglio ogni mattina
la mia bisnonna è stata una bambina
ho conosciuto una fatina
che mi ha dato una monetina
e vince chi indovina
com’è com’è che non giochi più con me…

L’invito è quello a guardare il mondo con gli occhi di un bambino, anzi a guardare gli occhi con il mondo di un bambino: un gioco di parole che merita un premio per la simpatia.

Il commiato è affidato a Un viaggio nel tempo, dove archi e pianoforte suggellano una lettera aperta alle nuove generazioni in cui l’invito è sostanzialmente quello di provare a stare sempre con i piedi per terra, considerando che la vita andrà comunque meglio di come la si pensi:

Ragazzo ascoltami bene
non puoi essere giovane e felice insieme
e siediti come si deve
ascolta cosa dice chi ti vuole bene
e studia un po’ di più che ti conviene

E nessuno mai ti porterà via il cuore
anche se penserai di si
alla fine sarà sempre lì
il duemila non è poi così lontano come credi
per me è passato da un bel po’
è già passato da un bel po’

Fai tutto quello che vuoi fare
ma non ti devi vergognare
coltiva la sincerità
fidati ti aiuterà
ma niente dura per l’eternità…

Hotel souvenir è un disco maledettamente romantico, di quel romanticismo che non ha nulla dell’impeto e della passione dell’innamoramento, ma che adora immergersi nell’incomprensione e nella gioia della propria solitudine. Musicalmente parlando, stiamo parlando di dieci canzoni che si fanno ascoltare piacevolmente, che restano piacevolmente in testa, e che dopo l’ascolto lasciano un retrogusto familiare. Un vino che si era già pasteggiato, che rimanda a ricordi dimenticati in qualche angolo di cuore. Dente conferma la propria voglia di restare in un angolo della canzone moderna italiana a giocare a fare il cantautore. Anche queste sono sfide che vanno giocate e vinte, e lui ci riesce benissimo.

Per promuovere il disco, Dente sarà in tour a partire dal prossimo 4 maggio (debutto al Locomotiv di Bologna). Qui le altre date:

  • 11 maggio Roma – Monk
  • 12 maggio Firenze – Viper
  • 27 maggio Milano – Mi Ami
  • 9 giugno Torino – Hiroshima

 

HOTEL SOUVENIR – Dente

  1. DIECI ANNI FA
  2. CAMBIARE IDEA
  3. ALLEGRIA DEL TEMPO CHE PASSA
  4. DISCOTECA SOLITUDINE
  5. UN ANNO DA DIMENTICARE
  6. PRESIDENTE
  7. LA VITA FINO A QUI (feat. Post Nebbia)
  8. L’ABBRACCIO DELLA VENERE
  9. IL MONDO CON GLI OCCHI (feat. Fulminacci, Giorgio Poi, Colapesce, VV, Ditonellapiaga, Dimartino)
  10. UN VIAGGIO NEL TEMPO

Dente, HOTEL SOUVENIR, 2023, INRI/Virgin Music Las. 

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Di Luigi Caputo

Idealista e visionario, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...