Il talentuoso cantautore bresciano torna con un disco maturo, condito da un pop orecchiabile in cui echeggiano suggestioni evocative che fanno riflettere

noteverticali.it_paolo_cattaneo_una_piccola_tregua_coverC’è una strana alchimia che guida i dischi che meritano più di un ascolto. Una strana alchimia che non ti spieghi, ma che paradossalmente arrivi a comprendere traccia dopo traccia. E’ il caso di “Una piccola tregua”, l’album che segna il ritorno di Paolo Cattaneo, e che si configura come un lavoro di ricerca certosina verso una sensazione di benessere e di appagamento spirituale. Una piccola tregua, appunto, per allontanarsi, sia pure temporaneamente, dalle ansie di un’esistenza che non ammette rallentamenti. E per annusare i chiaroscuri nel sottobosco, librarsi tra le foglie e intrecciare i rami “a fabbricare scale, passerelle, piattaforme, scivoli e liane”, come ammette lo stesso artista. Che da novello Cosimo (ricordate “Il barone rampante” di Italo Calvino?) ci guida lungo l’intelaiatura abitabile che è riuscito a costruire, e nella quale si può godere della ‘piccola tregua’ che consenta di parlare, confrontarsi, sognare e ricordare.

E’ un disco inevitabilmente introspettivo, quello di Cattaneo, il quarto della sua produzione, che esplora il profondo del proprio animo non senza sofferenze. Lo si percepisce, dopo la strumentale “2905”, caratterizzata dai suoni metallici messi a tacere dalle note del pianoforte di Emanuele Maniscalco, da “Trasparente”, seconda traccia del disco, ispirata a una poesia di Luciana Landolfi dedicata a Giovanni Raboni.

Se il tuo male fosse un cane
mi lascerei sbranare lacrime e carne
Il tuo letto come un treno mi consuma le unghie, lo devo lasciare…

noteverticali.it_paolo_cattaneo_una_piccola_tregua_1Una poesia dedicata a un poeta, che trasuda lacerazioni nell’anima e nel corpo, e che testimonia la difficoltà – o l’impossibilità – di lasciar andare per sempre chi ha rappresentato qualcosa di importante. Il brano è stato anche il primo singolo estratto dal disco, e si correda di un video – diretto da Gigi Tufano – in cui i due protagonisti sono alle prese con un incontro-scontro su più scenari, con una fisicità che irrompe in ciascuna delle situazioni nelle quali sono coinvolti, dal privato della propria camera da letto al pubblico di una strada o di un bosco.

Più intrisa di spiritualità è senz’altro “Ho chiuso gli occhi”, che riassume il leit-motiv del disco, e non solo perché qui viene citata la frase che gli dà il titolo:

Per credere, per credermi
di notte ho dovuto studiare la grazia degli angeli…

La musica avvolge le parole che riecheggiano nell’aria. E’ singolare che si parli di cura, o del tatto che si usa con le piante, per descrivere quello che è il cammino paziente di chi vuole lasciarsi scivolare addosso le ansie e le preoccupazioni che cercano di scalfirne l’integrità morale e fisica. E quella “grazia degli angeli” rimanda senz’altro alle suggestioni degne del miglior Battiato, rispetto al quale rileviamo una musicalità più attuale: l’influenza di Matteo Cantaluppi, sound engineer e produttore artistico, si sente. E si sente ancora di più ne “Il miracolo”, brano che celebra la felicità di una consolidata relazione di coppia. Il pop che fa da contorno a uno tra i testi più immediati della raccolta riesce a catturare sin dall’inizio l’attenzione di chi ascolta:

La mia vita insieme a te è un miracolo…       

Il romanticismo ispira anche “Se io fossi un uomo” (che vede la partecipazione di Lele Battista, coautore del testo), con un arrangiamento musicale molto ricercato che si allarga in suggestioni che sfociano nel rock di matrice centroeuropea. Qui l’influenza che ravvisiamo è quella del Garbo anni ’80, anche se la voce di Cattaneo parte da toni più alti:

Se io fossi un uomo non avrei che pensieri d’amore,
te che mi rapisci e paghi il riscatto di farmi esistere
non vedo l‘ora di idealizzarti ancora,
di dirti: guardo un mondo con occhi nuovi ancora…
È strano che amore per me
era un’altra parola prima di te…

Nel filone romantico si inserisce a pieno titolo anche “Sottile universo”, che rispetto alle tracce citate in precedenza privilegiamo per un maggiore coraggio nel testo oltre che nella musica, animata e sostenuta da una forte traccia di basso. Cattaneo qui osa di più, e il brano acquista dinamismo perché racconta di un rapporto dinamico esso stesso:

…amo il tuo corpo bianco
sottile universo che stringo
il mio desiderio rinasce
tra le tue labbra e l’autunno…

Ugualmente orecchiabile, ma più evocativa, è senz’altro “Due età un tempo”, che inizia con un malinconico rimembrare il passato:

Ti ricordi quando eravamo giovani?
Una qualunque giornata al mare,
e il sole e il vento, costumi colorati stesi ad asciugare,
le voci dei bambini…

per poi sbocciare nell’esortazione a guardare al presente senza rimpianti verso ciò che è già stato e non ritornerà:

…noi siamo qui nel nostro presente,
l’attimo giusto è questo…

noteverticali.it_paolo_cattaneo_una_piccola_tregua_2Più leggera è “Questa vita al volante”, intrisa di filosofia minimalista, dove tutti i buoni propositi sembrano essere messi in discussione nel corso di un viaggio in auto:

L’aria si fa pungente già dall’ultimo tornante,
questa vita al volante non fa certo per me,
ad ogni curva giunge una indecisione,
ad ogni semaforo cambio idea…

E anche qui riscontriamo l’influenza, sia pure indiretta, di zio Francuzzu (la canzone, nei temi, ci ricorda infatti “Un’altra vita” del Battiato agli esordi della propria svolta pop).

Confessioni per vivere” è oltremodo evocativa, e si declina in una serie di riflessioni che accomunano sensazioni di grande respiro a piccole immagini del quotidiano, in una commistione che però non fa che risultare prolifica ai fini del brano:

I bambini sbagliano così,
confondono col sole gli altri fiori,
e sognano il futuro come tutti
senza colpe, ad occhi chiusi…

Qui e là ci sono richiami di infinito, ed è evidente che le canzoni, prima di diventare tali, siano anzitutto testi musicati:

…qualcuno ti saluta e tu non credi
che stia guardando veramente te
…ti volti per capire se hai vissuto
un’altra vita che non ricordi…

“Bandiera”, con un testo intenso firmato da Stefano Diana, è ipnotica e avvolgente, e affronta il disagio di chi è costretto a sorridere sempre e comunque. Immaginiamo che ad incarnarla possa essere un clown, un comico, un padre di famiglia, chiunque insomma sia costretto a fare buon viso a cattivo gioco, e a proseguire impassibile in un’esistenza caratterizzata da episodi imprevedibili e negativi:

…via dagli occhi attenti dei bambini,
l’uomo diligente non è mai contento,
non è in pace se una luce resta accesa,
che male fa ridere quando è una bandiera,
chi riderà ultimo mi vedrà…

Nelle note del disco leggiamo riferimenti a Victor Hugo: l’imperturbabilità della voglia di vivere diventa a volte una condanna, una maschera impossibile da togliere.

La strada è tutta libera” è idealmente il contraltare di “Questa vita al volante”: se lì tutto sembrava andar storto, qui invece il cammino è attraversato da libertà e leggerezza. A caratterizzarle, una musica non più circolare e avvolta su se stessa, quasi sospesa, ma una melodia che esplode in un crescendo liberatorio:

…girano le ruote bene, la strada è tutta libera
sorrisi senza regole, si va…

ciò che prima era ansia, ora diventa poesia:

…questa notte mi porta via,
il vento si è fermato, stregato dal tempo…
ogni stella mi applaudirà
punto i fari verso il buio per accenderle…

noteverticali.it_paolo_cattaneo_una_piccola_tregua_3Siamo alla fine del viaggio. Resta allora tempo per il ricordo, o meglio, per trasferire il ricordo nel presente, attualizzando ciò che si era per non perderlo e anzi lasciandolo parte del presente. Se in “Due età un tempo” si parlava del passato ‘al passato’, per poi demolire quasi il pensiero evocativo con il richiamo al presente, in “Fragili miti” il passato ritorna ma incarnandosi a pieno titolo nell’oggi. Il brano, ultima traccia del disco, parla di amicizia, di quell’amicizia che il tempo non è riuscito a scalfire, e che, a distanza di quasi vent’anni, accomuna ancora lo stesso gruppo di ragazzi, oggi più maturi:

Siamo noi, strani eroi,
ci riunisce la vita,
destini rubati
ci guardiamo innocenti
dopo quasi vent’anni
fragili miti
i nostri sogni
sostituiti
dalla verità…

Evocativa la musica, che suggella echi di struggente epicità. Il disco finisce così, quasi a sorpresa, consegnando all’ascoltatore un’opera senz’altro matura e profondamente riflessiva. “Una piccola tregua”, insomma, conferma il talento artistico di Paolo Cattaneo, non più giovane promessa del panorama cantautorale italiano, ma realtà eclettica e valente, capace di imprimere alle proprie produzioni un’impronta che lascia senz’altro il segno. E lo aiuta a ritrovare se stesso.

 

TRASPARENTE – Paolo Cattaneo

PAOLO CATTANEO, Una piccola tregua, Lavorarestanca, 2016.

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