Si chiama “Booomm!” ed è il primo disco del gruppo cosentino composto da Tony Perri e Emanuele Gallo. Dieci tracce tra leggerezza e buona musicanoteverticali.it_twist_contest_1

Fare musica è una festa, divertirsi sul palco un’esigenza, far divertire chi ascolta una missione. Sembra questo il leit-motiv che caratterizza i Twist Contest, duo cosentino formato da Tony Perry (voce e chitarra) ed Emanuele Gallo (basso), al debutto con il primo lavoro discografico dopo una gavetta di dieci anni. Il disco si chiama Booomm! e racchiude in dieci tracce la summa del pensiero musicale del duo, declinato in contaminazioni evidenti che, tracciando un filo di ispirazione invisibile che va da Chuck Berry ai Clash, richiamano allo ska, al reggae, al rock, al twist, e in una scrittura di testi che ha dalla sua una matrice comune, quella della leggerezza. Abbiamo ascoltato il cd, uscito per La Lumaca Dischi, e che sarà presentato al B-Side Live Music Club di Rende (CS) il prossimo 18 novembre, con una formazione che oltre a Perri e Gallo, vede anche Dario Della Rossa alle tastiere, Massimo Palermo alla batteria, Giuseppe Oliveto al trombone e Luigi Paese alla tromba. Abbiamo rivolto alcune domande a Tony Perri, lead vocal e autore di tutti i brani.

Ascoltando il disco si percepisce anzitutto una sensazione di profondo affiatamento, la stessa che in effetti scaturisce quando si assiste a un concerto live, e sul palco ci sono musicisti che si divertono prima ancora di cercare di far divertire il pubblico. Da cosa deriva questo affiatamento? Merito delle tante date in giro per l’Italia in questi dieci anni?

Creare una band o decidere di farne parte ha come priorità l’intesa che si ha con i musicisti. Questa intesa può arrivare con il tempo o può essere istintiva e innata, come quando hai l’impressione di conoscere da sempre una persona che incontri per la prima volta: quando suoni con qualcuno con cui provi questa sensazione riesci a generare non solo un accordo perfetto tra gli strumenti, ma riesci soprattutto a divertirti perché stai condividendo la stessa passione, nello stesso momento e con la stessa intenzione. L’affiatamento deriva da questa intesa e dalle ore che trascorriamo insieme a fare qualcosa che ci piace. Poi andando in giro a suonare condividiamo tanto tempo e tante esperienze diverse…non puoi immaginare quante ne avremmo da raccontare!

Attraverso le canzoni di questo lavoro, si sentono forti le influenze di diversi generi, dallo ska al twist, al reggae, al rock. Ve lo avranno detto in tantissimi, ma l’ombra di Giuliano Palma e del ritmo in levare – che ovviamente non ha inventato lui! – sembra essere dominante. Qual è invece il marchio di fabbrica dei Twist contest e come mai avete scelto questo nome omaggiando di fatto il Twist?

Il nome Twist Contest è un omaggio al film di Quentin Tarantino Pulp Fiction, è la scena cult della gara di ballo, appunto il twist contest (nella versione in lingua originale), a cui partecipano Mia Wallace e Vincent Vega.
La band attiva da 10 anni ha attraversato varie fasi musicali adattandosi a volte anche alle situazioni più disparate. Siamo partiti dal fare rock ‘n roll e twist, creare situazioni di festa…così dopo tanti anni il nome è rimasto lo stesso come è rimasto lo stesso il clima del nostro concerto (è come dire la stessa frase usando parole e linguaggio diversi).
Il nostro è un percorso, un laboratorio musicale in cui la musica viene suonata e rivisitata a volte nel momento stesso in cui ci ritroviamo sul palco. Questo è un modo per comunicare il nostro rapporto con la musica: dare spazio all’istinto e vivere il momento, in altre parole improvvisare.
Per quanto riguarda il ritmo in levare, io penso che il linguaggio musicale scelto non si traduca in emulazione e carenza di identità propria, perché se la vedi così i Rolling Stones fanno rock ‘n roll come lo faceva Chuck Berry, ma questo non significa che lo ricordino…i Rolling Stones sono loro, con il loro unico stile!

noteverticali.it_twist_contest_2“Cecì” sembra scritta (e cantata) da Daniele Silvestri. Ve lo hanno già detto? Come è nata questa canzone, e a chi è dedicata?

Cecì è Cecilia.
Volevo scrivere un brano per la mia compagna e in realtà non pensavo a Silvestri, mi è venuto di getto da un’ispirazione momentanea, anche se apprezzo molto Silvestri come artista e non mi dispiace che il brano abbia questo taglio.

“Junnati”, oltre ad omaggiare il dialetto calabrese – e cosentino in particolare – sembra essere una efficace esortazione in musica a ‘cogliere l’attimo’. Una sorta di ‘carpe diem’ in salsa bruzia, insomma. Ma che distanza c’è “tra u munnu e Cusenza”?

La dimensione della distanza è solo una percezione. Questa frase di Junnati può essere interpretata come la sensazione che si prova quando pesando di andar via da Cosenza sembra che il tempo che la separa dal resto del mondo sia interminabile. Il brano è proprio un’esortazione a cogliere l’attimo in questo senso, un po’ come incitare ad andare a cercare altro senza che il tempo dilati ancora questa distanza.
L’utilizzo del dialetto permette ai concetti di entrare nel profondo dell’animo di chi ne riesce a cogliere il significato, le persone riescono così a trovare nelle parole del brano pensieri ed emozioni proprie.

Avete scelto di rifare “Tango della gelosia”, un divertissment di Vasco Rossi, attualizzandola in maniera intelligentemente provocatoria al tempo di Whatsapp… ma davvero i rapporti affettivi sono peggiorati a causa della tecnologia?

Tango della gelosia” vive della sua spontaneità creativa, nel senso che è stata creata nel momento stesso in cui è stata registrata e quindi riproposta e commentata in maniera del tutto estemporanea. È un’estrazione di discussioni che tutti noi abbiamo sentito o vissuto in prima persona. Spesso queste discussioni sono provocate e peggiorate da tecnologie, social e chat…personalmente penso che la tecnologia abbia nettamente peggiorato i rapporti umani. Alessandra Chiarello interpreta questo spaccato in maniera perfetta, rende l’idea della tragedia che possono generare le spunte blu di Whatsapp in una coppia! Sentirla vicina, attuale, è il percorso del tempo.

Siete riusciti a farla ascoltare a Vasco? E “24 mila baci” a Celentano?

…ancora no, ma promettiamo che ci proveremo….!!!!!

“Booomm!” è un disco scanzonato, nella migliore accezione del termine. Ma ha ancora senso parlare di musica leggera da contrapporre a una musica più seria, la cosiddetta ‘musica d’autore’?

Non ha più senso secondo me parlare di generi musicali puri oggi. La musica, come l’arte in generale si è evoluta, e più che identificarsi in un genere o in una corrente, viene utilizzata come mezzo per tradurre quello che non si può spiegare con le parole. Componendo e sperimentando si ottiene un ensemble di diversi generi all’interno di uno stesso brano: la musica è un veicolo per comunicare e generare sensazioni e le sensazioni non hanno categorie, non sono né d’autore né leggere, sono tutto e niente nello stesso momento.

Qual è lo stato di salute della musica in Italia? Cosa percepite nell’aria?

La produzione musicale italiana, quella più popolare, è oggi governata da talent e social, per cui arriva chi è un personaggio piuttosto che un artista. Purtroppo non emergono invece molte realtà interessanti che si approcciano alla musica con l’umiltà di un artista che sente la necessità e il privilegio di essere un canale attraverso cui la musica può esprimersi.

Cosa accadrà dopo “Booomm!?

Il dopo non si può prevedere, la speranza è che il disco venga ascoltato e ballato da chiunque riesca a raggiungere.

Luigi Caputo
Author: Luigi Caputo

Idealista e visionario, forse un pazzo, forse un poeta, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: